Per Atac arriva anche la mina dei crediti Cotral

Per la municipalizzata piove sul bagnato. Cotral chiede indietro 62 milioni di ricavi Metrebus mai corrisposti. Delrio, Atac è come Alitalia

Chi di credito ferisce di credito perisce. E per Atac non fa una piega. Tanto che arrivano i primi decreti ingiuntivi, da parte di Cotral e Trenitalia, nei confronti di Atac. L’azienda per il trasporto pubblico regionale vanta, e chiede indietro, crediti per 62 milioni di euro, che è appunto l’entità dell’ingiunzione di pagamento depositata davanti ai giudici del Tribunale a fine luglio. Risale invece a qualche mese prima, a marzo, quella presentata da Trenitalia, il cui importo è di circa 21 milioni (più gli interessi: totale 30 milioni). In entrambi i casi i debiti di Atac riguardano la gestione dei biglietti Metrebus, dei quali l’azienda continua a incassare gli introiti senza distribuire i proventi a Cotral e Trenitalia.

Tutto ruota intorno ai quei ricavi derivanti dai biglietti integrati a tempo validi nel Comune di Roma che l’azienda capitolina continua a vendere senza però restituire gli incassi (40% dei proventi a Cotral, 4% a Trenitalia) nei fatti rischiano di diventare “buchi” contabili, soldi effettivamente iscritti a bilancio ma mai incamerati e, quindi, a questo punto è necessario non aggravare la situazione. Nel caso di Cotral i debiti risalgono principalmente al biennio 2016/2017: circa cinque milioni di mancati incassi ogni mese che, sommati, determinano i 62 milioni del decreto ingiuntivo (complessivamente, per l’esattezza, considerando anche tutte le agevolazioni tariffarie, il debito contabilizzato da Cotral arriverebbe a 92 milioni).

Ecco, quindi ci sono queste quote mai riconosciute e poi, altra beffa per un’azienda pubblica come l’Atac, è necessario sommare anche gli interessi per i ritardi nei pagamenti: come scrivono i legali dell’azienda regionale nel provvedimento ai giudici, il perdurare di questo atteggiamento dilatorio, definito «patologico» nel decreto ingiuntivo, ha fatto sì che anche il credito per interessi sia ulteriormente cresciuto: 967 milioni a fine 2016. Con l’ex direttore generale Marco Rettighieri, che aveva intavolato un piano di rientro biennale, c’era almeno un canale di comunicazione aperto.

Il consiglio di amministrazione di Atac intanto nella seduta del 10 agosto – ha reso noto l’azienda – ha individuato l’avvocato Carlo Felice Giampaolino come esperto che “supporterà la società nel complesso processo di ristrutturazione e rilancio aziendale”. Il Consiglio, per ragioni di efficienza e efficacia, e per la necessità di non frammentazione e responsabilità aziendali, in vista soprattutto dell’importante percorso di ristrutturazione avviato, e per consentire un risparmio di costi, ha inoltre deciso, anche per ragioni d’urgenza, di non individuare all’esterno il direttore generale, affidando tale carica al presidente/ad, che ha rinunciato ai compensi previsti per l’incarico amministrativo, il tutto nel pieno rispetto delle normative vigenti.

Una cosa è certa, Atac è come l’Alitalia, almeno secondo il ministro dei Trasporti Graziano Delrio, intervistato dal Messaggero. Tanto basta, afferma Delrio, a imporre una linea: quella di fare presto, prestissimo.

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