Due sotto il burqa, si ride con la commedia francese sull’integralismo

Il film di Sou Abadi dimostra che si può sorridere parlando di fondamentalismo islamico, la regista lo presenta alla stampa. In sala il 6 dicembre con I Wonder Pictures

Due sotto il burqa è una deliziosa commedia che vi farà sorridere sull'integralismo islamico

Due sotto il burqa è la commedia francese che vi farà sorridere pur parlando di integralismo islamico. Il film di Sou Abadi che invita alla tolleranza verso tutti arriverà al cinema il 6 dicembre ed è la scommessa natalizia di I Wonder Pictures. La regista franco-iraniana ha presentato oggi il suo film alla stampa.

Due sotto il burqa racconta una storia d’amore fra Leila e Armand, i due studenti di Scienze Politiche stanno per partire a New York per prendere parte a un tirocinio all’ONU. Le loro vite cambiano quando il fratello di Leila, Mahmoud, torna da un viaggio in Yemen ed è diventato un integralista islamico: dopo averli visti insieme, chiude in casa Leila e le brucia il passaporto. Armand è disposto a tutto per riuscire a vederla e diventa… Shéhérazade, una donna iraniana nascosta sotto il burqa di cui s’innamorerà perdutamente Mahmoud.

La divertente commedia francese fa sorridere su tematiche che normalmente mettono molta paura, per l’ispirazione la regista non è dovuta andare molto lontana:

“Sono di origine iraniana, questa storia è dentro di me,  le restrizioni nel vestiario, l’integralismo: avevo voglia di parlarne, d’adolescente ho vissuto gli anni della presa al potere degli integralisti e non c’era niente di comico. Volevo parlarne ma con un’ottica comica visto perché le tragedie dell’integralismo sono note in tutto il mondo. Volevo che lo spettatore ridesse in maniera intelligente”.

Ed è quello che succede nella commedia diretta da Sou Abadi, la regista ha sorriso racconta l’ironia che si nasconde dietro la commedia Due sotto il burqa:

“Sono scappata dall’Iran, ma oggi mi sento come Ulisse che è rifuggito dal suo destino e trent’anni dopo mi ritrovo ad affrontare le stesse tematiche e assurdità questa società, mi sono detta che toccava a me parlare di queste tematiche anche perché in Francia se ne parla poco”.

Anche in Francia, dove il film è uscito a giugno con il titolo Cherchez la femme (un’espressione idiomatica che vuol dire dare la colpa a qualcuno, ndr) è stato ben accolto, Sou Abadi si è messa a scriverne la sceneggiatura dopo sedici anni di distanza dal suo primo film, il documentario SOS Teheran, e dopo aver abbandonato un progetto di un documentario su un’ex spia israeliana:

“Dopo cinque anni che lavoravo a quel progetto, ho capito che sarebbe stato un fallimento e sono caduta per due mesi in depressione e mi sono messa a lavoro su Due sotto il burqa. Da quando ho iniziato a scriverlo, non mi sono mai censurata nella mia vita e non l’ho fatto neanche per questo film. Ho scritto e ho detto tutto quello che volevo dire in modo educato”.

In Due sotto il burqa, anche se Armand indossa un niqab, succede proprio questo si sorride e il velo integrale viene definito come una tenda di Quechua, la comunità islamica ha reagito bene alla commedia francese:

“Abbiamo fatto delle anteprime e c’erano moltissimi maghrebini e musulmani praticanti che mi abbracciavano a fine film. Inoltre è uscito durante il Ramadan, e alcuni di loro l’hanno visto prima di concludere il loro digiuno e questa cosa mi ha toccato, alcuni mi hanno ringraziato per aver mostrato finalmente l’Islam in maniera moderata e senza coltello in mano”.

Diversa l’opinione degli integralisti, prima dell’uscita del film, “ha insultato e minacciato me e il cast, ma dopo l’arrivo in sala non hanno detto più nulla”. Uno dei grandissimi meriti di Due sotto il burqa è che riesce a far sorridere e a far apparire l’Islam in modo divertente, Sou Adabi ha raccontato che – nonostante tutto – si può scherzare su questa religione:

Nessun Paese arabo ha acquistato questo film, potevo aspettarmi il no di Iran e Arabia Saudita, ma non sarà proiettato neanche in Libano, Turchia, Tunisia, Giordania. Questo mi ha profondamente delusa, anche perché prendo in giro l’integralismo e non la religione. Penso che i musulmani debbano fare qualcosa che i cristiani e gli ebrei hanno già fatto: bisogna vedere l’Islam dal punto di vista antropologico e storico e imparare a vedere la religione con distanza, ed è qualcosa che anche molti teologi pensano in Francia”.

Lo scopo della regista iraniana era proprio quello di far sorridere tutti parlando di integralismo, ma senza prendere in giro le credenze della religione musulmana, “Occorre solo buon senso, dovrebbe essere presente in tutti gli ambiti”. La regista Sou Adabi ha realizzato un film sulla religione pur essendo atea: “Credere in qualcosa aiuta a seguire alcuni principi e a vivere la vita quotidiana”.

A rappresentare l’integralismo religioso Mahmoud, il fratello che di ritorno dalla Yemen torna radicalizzato e lascia alle spalle il suo passato e ignora le richieste dei due fratelli Leila e Sinna. La famiglia di Armand, invece, è formata da due rifugiati iraniani diametralmente opposti Mitra e Darius: “Il personaggio di Mitra è un mix di me, mio padre e mia madre riuniti”.

Due sotto il burqa è una divertente commedia francese, ma ha ricevuto in Patria un sorta di ostracismo, molti degli attori non volevano recitare in un film che si prendesse gioco dell’integralismo, per la regista però il suo film è differente:

“Volevo mettere tutti insieme nel mio film. Rido di tutti: integralisti, communisti, femministi, clandestini, studenti di Scienze Politiche, la società francese e di me stessa, tutti loro si ritrovano e sorridono insieme. Volevo ridurre la tensione tipica delle società odierne e venire incontro all’altro”.

Nel film si sorride di tutti senza differenza di colpi ed è merito dei personaggi costruiti ad hoc, uno dei motivi, per la regista è l’aver abbandonato – in parte – la forma del documentario:

“Non penso più a questo genere: I personaggi del documentario non sono liberi, qui potevo fare tutto con loro. Nel documentario bisogna essere fedeli alle loro storie, anche se c’è molto della realizzazione tipica dei documentari in questo film e anche nel prossimo per il quale ho ricercato informazioni per ben due anni”.

Se per realizzare il suo prossimo film, una tragicommedia ambientata all’interno di Isis, ha dovuto leggere molto, il riferimento principale per Due sotto il burqa è stato A Qualcuno Piace Caldo di Billy Wilder e dal grande regista americano ha anche tramutato lo stile di regia:

“In Germania ho parlato con il figlio di un attore che aveva lavorato con lui e mi ha raccontato che cronometrava tutte le sue scene, questo film avrebbe dovuto avere la durata di un’ora e 50, ma non volevo superasse un’ora e mezza. Volevo che il film avesse questo ritmo, dopo aver terminato le riprese delle scene chiedevo di rifarle ma più rapidamente”.

Due sotto il burqa è un film pieno di ritmo con un finale happy ending – forse inaspettato – che riguarda uno dei suoi protagonisti:

“Forse la logica del film vede il personaggio di Mahmoud che si perde diventando un kamikaze, ma io volevo salvarlo. Ho lottato molto per dargli questa chance, cambiare un jidahista è un processo che richiede molto tempo, ne sono al corrente, ma se non posso farlo in un film di finzione… dove posso farlo? Ho lottato molto affinché ciò avvenisse: ho smesso di fare documentari, anche se è una fine realista e ottimista, è come sono fatta io”.

Due sotto il burqa ha avuto una lavorazione a tratti complicata. La regista ha ricevuto molti no da attori comici di religione musulmana, molto noti in Francia, che non volevano recitare in un film “miscredente”. Un’altra difficoltà è arrivata dalla situazione politica francese e non solo:

“Ho terminato di scriverlo prima dell’attentato alla redazione di Charlie Hebdo e abbiamo iniziato a organizzare le riprese mentre c’è stato l’attentato al Bataclan” e moltissimi attori francesi hanno scelto di non prendere parte a questo film, ma nonostante le premesse Sou Abadi è riuscita nel suo intento: far ridere e sorridere dell’integralismo islamico.

Una delle più grandi soddisfazioni per la regista è stato ricevere due lettere di due madri di due ragazzi che si sono convertiti:

“Una delle due mi ha scritto: il vostro film mi ha commosso e mi ha fatto sorridere, mio figlio assomigliava molto a Mahmoud ed è partito prima per la Siria e poi l’Iraq ed è morto in un’azione kamikaze. Mi ha detto ‘sfortunatamente mio figlio non ha scoperto l’amore’. Queste due madri, che io non conoscevo, hanno trovato dei punti in comune fra Mahmoud e i loro figli che avevano sposato completamente l’ideologia di questa setta. ‘Nostro figlio non ha conosciuto né l’amore, né la letteratura, né dei rifugiati iraniani ed è andato fino in fondo”.

La storia di Due sotto il burqa ha per fortuna un finale diverso, vi farà divertire e riflettere su alcune delle problematiche più serie della nostra società: l’integrazione e l’integralismo.

Per farlo Sou Abadi si è affidata a un cast giovane e brillante formato da Camélia Jordana, nota in Francia per aver partecipato al talent show Nouvelle Star nel 2009 e due attori di cui sentiremo parlare Félix Moati e William Lebghil, uno degli attori in forza nell’altra attesissima commedia francese C’est la vie.

“Non sapevo chi fosse Camélia, non ho la TV! L’ho scelta per la sua grande energia e abbiamo lavorato molto per prepararla a quello che è stato il suo primo ruolo importante: ha lasciato il liceo a 16 anni e l’ho preparata a interpretare una studentessa di Scienze Politiche. Sul set, tutti quanti ci siamo divertiti molto sul set, ma abbiamo anche lavorato duramente anche perché abbiamo girato in pochi giorni”.

Due sotto il burqa vi aspetta al cinema dal 6 dicembre, distribuito da I Wonder Pictures, e dimostra l’impossibile: si può ridere del fondamentalismo islamico.

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