Il Signor Diavolo, Pupi Avati torna al cinema con un horror

In sala da oggi, girato in Emilia e ambientato negli anni 50. Prodotto dal fratello Antonio e distribuito da 01 Distribution

Filippo Franchini in una scena del film, è uno dei giovani protagonisti de Il Signor Diavolo

Con Il Signor Diavolo, Pupi Avati torna al cinema e dirige di nuovo un horror. Il film ambientato nel 1952 è in sala da oggi 22 agosto e l’uscita è legata a Moviement, a interpretarlo Gabriele Lo Giudice e il giovanissimo Filippo Franchini. 

Per molti Pupi Avati è legato a La casa dalle finestre che ridono, un horror ancora oggi spaventoso e per il suo ritorno al cinema dopo una lunga pausa:

“È una storia che meritava di essere raccontata, mi appartiene moltissimo, ero adolescente quando si svolgeva questa storia, ero un chierichetto professionista. Tutti i bambini hanno paura del buio: se chiudi un bambino in una stanza buia non è contento. Ho raccontato quello che so della vita, l’ho fatto attraverso un genere. Il nostro cinema è stato fortissimo se li frequentava, cioè pensate a Leone, un regista di genere che abitava a Trastevere e si è inventato il western”.

Una storia cupa ambientata nel 1952, nella campagna veneta super cattolica e dove a un ragazzino è stato affibbiato il soprannome infausto di Il Signor Diavolo. Un film gotico per Avati:

“Parlando del genere devo chiarire un aspetto, c’è un’appropriazione del termine gotico, il film gotico non è un film de paura, come si dice a Roma, ma suppone e prevede la sacralità. Horace Walpole è stato il capostipite del genere. La sacralità è presente in molti film che abbiamo fatto noi: il prete spretato in L’Arcano incantatore, le due suore in Nascondiglio, il prete qui. La sacralità è l’elemento dell’immaginario. Mi ricordo il sacerdote che quando ero piccolo mi fissava, forse aveva ragione… la mia piccola creatività è nata dalla paura, rispettandolo”.

Per realizzare Il Signor Diavolo, Avati ha chiamato alcuni dei suoi attori feticcio come Lino Capolicchio e Massimo Bonetti. Per il regista bolognese, il diavolo esiste ed è in mezzo a noi:

“Il diavolo è sinonimo di male, abbiamo fatto conquiste in tutti i campi, ma il male è sopravvissuto in modo efficace ed efficiente. Anch’io sono portatore del male, mi sono trovato a godere quando altri sono scivolati e caduti. Male per il male, dal punto di vista della carriera, ma l’abbiamo subito in modo violentissimo”. 

Il finale del film capovolge il libro scritto dallo stesso Avati dal quale Il Signor Diavolo è tratto, un finale rigirato all’insaputa di quasi tutti, ne erano al corrente solo il produttore e co-sceneggiatore Antonio e la figlia del regista. Nel film colpiscono molto alcuni dettagli aggiunti per dare peso e realtà alla storia: la calza smagliata della madre di uno dei protagonisti, la forfora sulle spalle di Furio. 

“Fanno parte del racconto, Furio diventa verosimile se ha la forfora, racconta un pezzo sulla sua vita, basta la forfora a raccontarlo”.

I due fratelli Avati ritornano sul “male” che qualcuno ha fatto loro allontanandoli per un lungo tempo dalle sale del cinema e che voleva la loro “rovina”. Il loro ritorno in sala è legato a Moviement e porterà Il Signor Diavolo in sala il 22 agosto:

“Quando ce l’hanno detto – spiega Antonio – siamo rimasti perplessi. Alla fine anche l’anteprima de La Casa delle finestre che ridono era stata ad agosto, ma penso che voglia dire che in 01 Distribution credono molto nel nostro film”.

Avati però recrimina sul numero di copie scelte per il titolo che segna il ritorno di Pupi Avati al cinema dopo l’esperienza televisiva:

“Mi ero illuso che si potesse fare una televisione diversa, ma la TV si fonda molto sulla reiterazione. Noi siamo abituati a cercare di stupire con racconti, generi e cast abbiamo cercato di un modo alternativo. In TV puoi andare molto bene, ma vieni dimenticato d’altronde parliamo ancora de La Casa delle finestre che ridono che è di 40 anni fa…”

Il paragone col film del 1976 è inevitabile per temi e ambientazioni, Il Signor Diavolo:

“Il territorio è stato legato alla misteriosa presenza di Igor il Russo. Parte dell’Emilia non si è modernizzata come le Valli di Comacchio, c’è una dimensione del tempo che non esiste più. Mi è piaciuto tantissimo richiamare Lino, Haber, i nuovi protagonisti, attori riconoscibili e Sergio Stivaletti”.

A completare il cast Chiara Caselli, Lorenzo Salvatori, Andrea Roncato, Massimo Bonetti, il ruolo dell’impiegato del Ministero della Giustizia è affidato a Gabriele Lo Giudice per l’attore bolognese è stato un onore lavorare con il maestro Avati:

“È stato un onore e un enorme piacere, avevo scritto mille note, ma in ufficio abbiamo parlato di Cristiano Ronaldo che passava alla Juve… Mi ha risposto così a tutte le domande, ha reso il lavoro più facile”.

La campagna veneta è protagonista del film, divisa fra DC e popolazione molto cattolica, con una citazione già nel poster del film che si rifà a Roman Polanski:

“Serviva un escamotage per mandare un uomo del ministero nel cattolicissimo Veneto, il litigio don camillesco fra DC e socialisti è qualcosa con cui sono cresciuto. La culla è una citazione, Rosemary’s Baby è un film che fa parte di quelli che mi hanno toccato di più nella mia vita”.

Magistralmente realizzato, il diavolo si nasconde nei dettagli come si suol dire ed è questo il punto più bello dell’horror di Pupi Avati. Il Signor Diavolo sarà al cinema il 22 agosto distribuito da 01 Distribution. 

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