Poteva scegliere di non parlare ma, Claudio Campiti, indagato per l’omicidio di quattro donne e il tentato omicidio di altre due persone, non ce l’ha fatta e stamattina, durante l’interrogatorio con il Gip ha iniziato a inveire contro il condominio. Nonostante i consigli del suo avvocato a tacere, il 57enne ha tirato fuori il suo astio contro il consorzio Valleverde di Ascrea. Quell’astio che quattro morti non sono bastati neanche a scalfire. In carcere a Regina Coeli da domenica, Campiti questa mattina ha incontrato il Gip per l’interrogatorio di garanzia, un atto istruttorio delicatissimo in cui le parole vanno centellinate tanto che, in larghissima parte, l’indagato ha scelto il silenzio.
Il gip di Roma, al termine dell’ interrogatorio, ha convalidato il fermo per Claudio Campiti. Il gip Emanuela Attura ha anche disposto per il 57enne il regime di sorveglianza.
“Deve ritenersi che il gravissimo episodio dell’11 dicembre ha rappresentato il deliberato di una lunga pianificazione che aveva come presupposto un radicamento costante e persistente, per un apprezzabile lasso di tempo, del proposito omicida nella psiche del Campiti”. E’ un passaggio dell’ordinanza con cui il gip di Roma, Emanuela Atturi, con cui ha disposto il carcere per Claudio Campiti.
Per il giudice la circostanza aggravante della premeditazione appare incontestabile”, alla luce del fatto che l’uomo “da tempo non partecipava più alle riunioni del Consorzio e quindi la sua presenza il giorno del fatto non può che essere letta nel senso che si sia portato sul posto al solo scopo di portare a compimento il proprio piano, tanto che, appena entrato nel dehor, si è diretto a destra al tavolo dove sedevano i componenti del consiglio di amministrazione. Inoltre proprio quella mattina, prima di recarsi all’assemblea, il Campiti si è portato al poligono per munirsi dell’arma per compiere il delitto, acquistando anche 100 proiettili”. Inoltre nel portafogli dell’indagato “era presente un foglio di carta manoscritto recante la scritta ’11/12/2022 ore 9 spazio coperto antistante il bar “Il posto giusto” Roma via Monte Giberto 19 incrocio via Serrapetrona”, all’evidente scopo di avere necessario riferimento spazio/temporali per eseguire l’azione criminosa”.
Campiti ha risposto soltanto ad alcune domande, principalmente sul perché del suo gesto. Davanti alla maggior parte delle domande, quelle che il Gip le rivolgeva sulla dinamica dei fatti e sull’organizzazione degli omicidi, Campiti si è chiuso nel silenzio. Mancate risposte che, però, non scalfiscono il castello accusatorio che si è formato grazie alle indagini dei carabinieri coordinati dalla Procura di Roma. Troppe le testimonianze e gli elementi raccolti a discapito dell’indagato che è stato immobilizzato nel gazebo del bar “Il Posto giusto” in via Monte Giberto a Fidene dai “sopravvissuti” alla mattanza. Intanto resta chiuso e sotto sequestro il poligono di tiro a Tor di Quinto da dove Campiti, domenica mattina alla 8:55, è andato per armarsi della pistola Glock calibro 45, di un secondo caricatore da 13 colpi e altre 155 cartucce.
Sarà difficile per il suo legale contestare l’aggravante della premeditazione. Ma al di là di questo, la procura che, “ancora non ha indagato nessuno”, dovrà far luce su come sia stato possibile per un associato, poter uscire dal perimetro del poligono armato in quella maniera e senza che nessuno se ne fosse accorto. Ieri, intanto, dall’ospedale Sant’Andrea è arrivata la notizia della quarta vittima: Fabiana De Angelis si va ad aggiungere a quello di Sabina Sperandio, Nicoletta Golisano ed Elisabetta Silenzi. Dopo poco più di 48 ore di agonia, De Angelis non ce l’ha fatta. Era stata operata, ma l’unico proiettile che l’ha attinta, le ha provocato uno “choc emorragico traumatico in ferita d’arma da fuoco al collo con lesione della carotide sinistra e la frattura della vertebra C7”. I suoi organi, per volontà della famiglia, sono stati avviati a donazione.
Una vicenda tragica che sembra non avere più misteri. Si conosce il responsabile, e anche le motivazioni che lo hanno spinto al gesto folle. Per Campiti, gli argomenti di contrasto che solitamente animano una riunione condominiale, avrebbe giustificato l’uccisione dell’intero consiglio del consorzio Valleverde. Non a caso “vi ammazzo tutti”, è la frase che ha pronunciato non appena è entrato nel gazebo; aveva munizioni a sufficienza e intenzioni per portare a compimento quello che sembra essere stato il suo progetto. A bloccarlo, non una esitazione, ma un uomo che gli si è avventato addosso rimediando un colpo di pistola in faccia.