L’ultimo libro di Gilberto Martinelli, scrittore e documentarista, è una spy story che affonda le sue radici nell’era della cortina di ferro. “1983: operazione Budapest”, edito da Sandro Teti editore, narra di una vicenda che in pochi conoscono, ma che ha avuto i suoi riflessi nei rapporti tra Italia e Ungheria. Un romanzo scritto a quattro mani con Roberto Tempesta, che in qualche modo ha fatto da Caronte a Martinelli, ma che prende spunto da un fatto realmente accaduto.
Siamo nel 1983, e gli italiani cominciano a frequentare Budapest. L’Ungheria in quel momento è il Paese dell’ex blocco comunista col tenore di vita più alto, e da poco ha aperto al turismo straniero. Gli italiani, soprattutto i ragazzi, sono ben visti: vestono in modo elegante, hanno capacità di spesa, e per tante ragazze ungheresi rappresentano la possibilità di lasciare quel Paese, dove comunque il regime comunista pretende di controllare la vita dei cittadini.
Il romanzo dunque narra di un fatto realmente accaduto: una banda di criminali emiliani trafuga sette capolavori del Rinascimento italiano dal Museo di Belle arti di Budapest. L’invulnerabilità del granitico e apparentemente inespugnabile sistema di Oltrecortina viene clamorosamente violata. Molto tempo dopo si saprà che servizi segreti, politica e criminalità hanno svolto un ruolo determinante in questa vicenda. Ma cosa si nasconde dietro il “furto del secolo”?
La ferita inferta al regime totalitario e la temerarietà degli autori del furto hanno reso unica questa storia rocambolesca che mise in grave imbarazzo il presidente ungherese János Kádár. Attraverso la ricostruzione delle fasi investigative e le testimonianze dirette dei protagonisti si svelano le dinamiche che hanno spinto quei giovani criminali a compiere questa azione apparentemente isolata. A distanza di quarant’anni, però, un incredibile intreccio di interessi diversi, ma convergenti, apre uno scenario fino a oggi impensabile. Ne emerge un affresco del crimine internazionale permeato di politica, servizi e malaffare che andrà ad arricchire le pagine della storia italiana e internazionale.
“E’ una storia che ha segnato i rapporti tra Italia e Ungheria, un crimine che ancora oggi viene ricordato in quel Paese – dice Martinelli – Volevo sapere come e quando l’Italia fosse inserita in quella vicenda. E i criminali mi hanno aperto un mondo. Così ho scoperto che i ladri avevano anche l’appoggio dei servizi segreti romeni”. E per l’occasione Martinelli ha fatto anche un documentario per spiegare meglio la vicenda.