Gli assistenti civici di Boccia come le guardie papaline dell’800 a Roma

Ecco le similitudini tra i vigilantes anti-movida voluti dal governo per la Fase 2 e la guardia civica di Pio IX

“La formazione della Guardia Civica ha per istituto (..) mantenere l’obbedienza alle leggi, e conservare, o ristabilire l’ordine e la pubblica tranquillità, coadiuvando le milizie attive dello Stato (..) Qualunque atto illegale, e qualunque riunione, o petizione non autorizzata dalle Autorità costituite, si riguarderà come attentato alla cosa pubblica.”

Da una prima letta, nonostante il linguaggio arcaico, sembra in tutto e per tutto la missione degli assistenti civici voluti dal governo Conte per contrastare gli assembramenti e la movida nella Fase 2 dell’emergenza Covid. I nuovi vigilantes – su base volontaria – dovranno dissuadere “col sorriso” attentati veri o presunti alla salute pubblica: riunioni, come dice il pezzo citato sopra, o più prosaicamente una birra in compagnia in una delle tante piazze italiane. Ma quel documento, nonostante le analogie, non ha nulla a che fare né con il Coronavirus, né con Giuseppe Conte o con Francesco Boccia. Si tratta, infatti, del “Regolamento per la guardia civica nello Stato pontificio” scritto il 30 luglio 1847 dal cardinale Gabriele Ferretti su volontà di Pio IX, Papa Re dello Stato pontificio.

Il progetto di Papa Mastai faceva riferimento al modello francese e intendeva coinvolgere cittadini dai 21 ai 60 anni. Poi, nel 1849, con la nascita della Repubblica Romana, la Guardia Civica è stata ufficialmente sciolta e sostituita dalla Guardia Nazionale, con compiti in parte simili a quelli voluti da Pio IX. Insomma, nella storia – nel 2020 come due secoli fa – in più occasioni ci si è affidati a volontari civici per controllare la popolazione per timori di pericoli legati all’ordine pubblico. Ma la breve vita e lo scarso successo ottenuto in passato, perlomeno a Roma, potrebbero rappresentare un campanello d’allarme per il progetto di controllo sociale del governo Conte.

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