Manovra: se non riesce e’colpa della Ue

La strategia della lega per raccogliere voti con elezioni anticipate. Standard&Poor's attendista

La legge di bilancio varata dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte, che fissa per l’anno prossimo al 2,4% il rapporto deficit-pil ha innescato un braccio di ferro, che si annuncia infinito, tra Italia e Unione Europea. Infinito perche’, al momento, nessuno dei due contendenti sembra intenzionato a muoversi dalle sue posizioni: Luigi Di Maio, M5S, e Matteo Salvini, Lega, non intendono mollare la trincea del 2,4%. Da parte loro i commissari della Ue pretendono il rispetto delle regole comunitarie a loro tempo sottoscritte dall’Italia in materia di finanza pubblica, per cui il rapporto deficit-pil non si deve discostare molto dall’1,6 per cento.

Nel nostro paese questo scontro viene guardato: quasi con indifferenza dal cittadino comune, che comunque, visti i sondaggi e le elezioni in Trentino Alto Adige, sembra propendere a favore della battaglia intrapresa dai nostri due Dioscuri contro “l’Europa della burocrazia, delle banche e della finanza”, ma con preoccupazione dal mondo imprenditoriale e finanziario, nonche’ dalle opposizioni politiche al governo, con gli occhi puntati sull’andamento dello spread e del mercato borsistico.
Come andra’ a finire nessuno al momento lo puo’ dire. Noi cerchiamo di spiegare in cosa consiste questo braccio di ferro.

Tutto risale al Patto si stabilita’ sottoscritto nel 1997 dagli Stati che daranno vita all’euro. Per l’Italia la firma e’ del governo di Romano Prodi. L’impegno preso e’ che il rapporto deficit-pil non deve superare il 3% e che il debito pubblico non deve superare il 60% del pil. Ne consegue che il nostro Paese, che ha un debito che supera il 130%, e’ stato piu’ volte richiamato a rientrare nei parametri del Patto e, soprattutto oggi, non rispetta, anzi sfora di parecchio, la regola di riduzione. Da qui la fermezza della commissione nei confronti dell’Italia e l’avvio delle procedure previste nel caso di inadempimenti rispetto alle regole comunitarie. Quindi il ministro dell’Economia Tria ha ricevuto dalle stesse mani del commissario Pierre Moscovici la lettera di diffida con la richiesta di modificare entro il 13 novembre il progetto di bilancio. Se cio’, come sembra, non accadra’ si avvieranno le procedure previste: 1) la Commissione Ue prepara una relazione e l’Ecofin formula il suo parere; 2) relazione e parere vengono inviati al Consiglio Ue che inviera’, se viene acclarato che l’inadempimento esiste, una raccomandazione al governo italiano di provvedere alla sua rimozione; 3) la raccomandazione viene resa pubblica; 4) se non dovessimo dar seguito alle richieste, il Consiglio puo’ decidere sanzioni finanziarie che possono arrivare allo 0,2% del Pil (in base ai valori di quest’anno, la multa potrebbe arrivare a 3,6 miliardi di euro). Ma se l’Italia decidesse di non pagare la sanzione? E’ un caso non contemplato dalle normative dell’Unione europea che dovrebbe quindi “inventarsi” qualcosa.

Cacciare l’Italia dalla Ue sarebbe un colpo forse mortale all’Europa che, dopo la Brexit, non puo’ permettersi di perdere un altro grande Stato dopo l’Inghilterra. Per giunta l’Italia e’ uno dei sei Paesi fondatori della Comunita’ europea. Le procedure, comunque, richiedono tempi lunghi, non meno di sei mesi, e nel frattempo gli attuali equilibri di Bruxelles potrebbero essere travolti. Il 26 maggio 2019 sono infatti in programma le elezioni per il Parlamento europeo e popolari e socialisti, i due grandi schieramenti che hanno finora retto le istituzioni comunitarie, potrebbero perdere il loro predominio a favore dei partiti populisti.

M5S e Lega tengono duro proprio in questa prospettiva. L’Italia – sostengono – non e’ la Grecia. Senza il nostro Paese, secondo solo alla Germania nell’industria manifatturiera, la Ue avrebbe durissimi contraccolpi. Inoltre, secondo il governo, la manovra basata sul deficit favorira’ la crescita e quindi contribuira’ a breve al miglioramento dei conti pubblici. Le elezioni alle porte, inoltre, faranno aumentare il nostro peso nel Parlamento europeo e nella Commissione.

A tenere duro e’ soprattutto la Lega. Infatti, se il bilancio non fosse approvato entro il 31 dicembre a causa delle diatribe con la Ue o per motivi nazionali, dal 1 gennaio si entrerebbe in esercizio provvisorio, il che significa che, almeno per i primi tre mesi, non si potrebbe attuare in toto o in parte l’impalcatura della manovra che punta molto sul reddito di cittadinanza e sulla revisione del sistema pensionistico (legge Fornero). E soprattutto la Lega conta di fare il pieno di voti (le elezioni politiche anticipate sarebbero quasi inevitabili) riversando sull’Europa e sui partiti piu’ europeisti italiani la colpa del mancato adempimento di queste promesse elettorali.

In questo contesto di dura contrapposizione tra Ue e Italia e’ arrivato, dopo quello di Moody’s, anche il giudizio di Standard & Poor’s sul merito di credito del nostro debito pubblico. L’agenzia ha confermato, al contrario di Moody’s, il rating a BBB, ma ha abbassato da stabile a negativo l’outlook, cioe’ il giudizio sulle prospettive di solvibilita’. Per gli statunitensi, la manovra varata dal governo, se applicata integralmente, sforera’ il il tetto del 2,4% del deficit arrivando al 2,7 per cento.

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