Immobiliare a Roma: la sfida alla modernità perduta

Occorre innovare una struttura urbanistica che ha relegato la Capitale a periferia d’Europa

Roma e gli immobili hanno un destino comune. Nel bene e nel male. Quando, nell’ultimo dopoguerra, si lasciò campo libero alla speculazione edilizia che in pochi anni cambiò per sempre il volto della Capitale, che crebbe disordinatamente senza un piano regolatore, il male ebbe di certo il sopravvento. Perché ancora oggi tutti pagano il fio di quella decisione con una struttura urbanistica inadatta al trasporto e senza quei servizi e quell’effetto-città di cui avrebbero bisogno quasi tutte le periferie, ridotte a dormitori che si riempiono come alveari soltanto durante le ore notturne.

Eppure dentro Roma c’è anche un incredibile patrimonio immobiliare correlato a uno dei centri storici più belli, grandi e articolati del mondo, frutto di varie sedimentazioni secolari. Così è facile dir “bene” del lontano passato e “male” di quello più recente, fino ai giorni nostri.

Eppure ci sarebbe un “bene” nel presente che però questa città non ha mai voluto sfruttare, ed è la sfida della modernità, che può prendere due strade: la prima è quella di una riqualificazione di intere aree, magari da abbattere e ricostruire, per realizzare quartieri-modello integrati con il centro, ma capaci di vivere anche di vita propria con strutture immobiliari e iniziative di tipo ludico-culturale; la seconda, mai veramente tentata per la verità, è quella di costruire un centro del business lontano dal centro ma finalmente libero dai vincoli della città storica e con mille potenzialità per la fantasia degli architetti.

Il modello originario, quello della Defènse parigina, era un tempo stato localizzato nel cosiddetto Sdo (Sistema direzionale orientale), nel quadrante orientale della città appunto.

Dello Sdo si era parlato fin dagli anni 50 e poi messo nel primo piano regolatore della città, ma non fu mai attuato e infine abbandonato nel 2008. La decisione era stata quella di creare tanti piccoli centri nei vari Municipi. Ma senza un sistema unico si sono perse le possibili sinergie di un’area che si sarebbe posta come centro di attrazione liberando la pressione sul centro storico.

Roma ha così perso la sfida della modernità, rinunciando a un centro degli affari che fosse anche aggregativo per la cultura e l’entertainment. Il confronto con Parigi, ma anche con la City di Londra, che negli ultimi 30 anni ha radicalmente cambiato forma fino ad alterare lo skyline della città, mescolando monumenti storici e arditi grattacieli senza ritegno (e questo forse ad alcuni sembra troppo), comunque ora relega Roma a periferia dell’Europa.

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