Il Lazio al top in Italia per l’industria farmaceutica

Sono una sessantina le aziende, impegnate anche sulla ricerca per il vaccino contro il Coronavirus. Il fatturato è superiore ai 7 miliardi di euro

Industria farmaceutica
L’industria farmaceutica vince nel Lazio

Chi lo ha detto che il Lazio è una regione in declino dal punto di vista dell’industria? Quella farmaceutica è una punta di diamante della nostra regione. E non si tratta solo di ricerca sul coronavirus, che vede coinvolte la Sanofi di Anagni o l’Irbm di Pomezia.

L’industria farmaceutica del Lazio si contraddistingue per un’intensa attività innovativa, una base produttiva ben consolidata e un elevato numero di imprese. Esse pesano per il 15,4% sul totale nazionale e rappresentano il 61,8% delle aziende del settore operanti nell’Italia centrale. Il fatturato è superiore ai 7 miliardi di euro. 

Le imprese farmaceutiche della regione sono per l’87,8% in provincia di Roma (il 13,1% sono aziende farmaceutiche di Pomezia), per l’8,4% in provincia di Latina, per il 2,8% nel frusinate e per il restante 1% in provincia di Rieti. Gli impatti sull’economia sono importanti: nel Lazio ci sono una sessantina di aziende farmaceutiche, che in totale hanno 16 mila dipendenti (e altri 6 mila sono nell’indotto). E il Lazio è al secondo posto in Italia per numero di ricercatori: 1.125, e investimenti in R&S: 300 milioni di euro.

Ma che cosa si produce nel Lazio? Medicinali e altri preparati farmaceutici, ovvero sieri immuni, vaccini, medicinali vari, preparati omeopatici, anticoncezionali, preparati medici diagnostici, bende, garze, ovatte e cerotti contenenti sostanze farmaceutiche. E poi ci sono aziende che realizzano altri farmaceutici come vitamine, antibiotici, acidi salicilici e acetilsalicilici, ed emoderivati per uso farmaceutico.

“Salute, occupazione, innovazione, ricerca, giovani, donne, welfare, produzione, export: sono i punti di forza delle imprese del farmaco”, dice il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi. Le aziende produttrici di farmaci, afferma Scaccabarozzi, “hanno dimostrato in questi anni di far leva sui territori per contribuire alla loro crescita economica e sociale. E hanno garantito opportunità di lavoro a risorse umane altamente qualificate, in gran parte laureate o diplomate, con una quota crescente di assunzioni giovanili. Senza dimenticare la spinta in più, soprattutto nella R&S, che viene dal fattore ‘d’, come donne”.

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