Scuole elementari aperte fino alla fine di Giugno

E' partita la petizione

“Sta registrando un certo successo una petizione 

online in cui una mamma ha lanciato l’idea della scuola elementare aperta 

fino alla fine di giugno, si e’ sviluppato un certo confronto. C’e’ da dire 

che a livello sperimentale gia’ qualcosa e’ previsto da parte del ministero 

e che comunque, ci sono i centri estivi anche nella scuola pubblica… anche 

se “a botta” di una media di 4-500 euro al mese, centri estivi della scuola 

pubblica che talvolta costano piu’ di quelli privati fatti da associazioni 

sportive, ricreative, etc.” Lo dichiara Vincenzo Donvito, Presidente Aduc.



“Nel dibattito, ovviamente, si fa il paragone con altri Paesi europei e non 

ci si dimentica della funzione socio-economica svolta da nonni e zii nel 

contesto. E poi -centrale anche se non per tutti- c’e’ l’aspetto economico 

della vicenda, valutato -almeno per quello che si riesce a sapere attraverso 

i media- in modo tradizionale da parte delle generica disponibilita’ del 

ministero: cioe’ come se l’apertura estiva debba essere considerata solo 

come un prolungamento del metodo non-estivo.



Se si vuole uscire dall’ambito di un dibattito puramente didattico e 

tendenzialmente indirizzato verso la ricerca di parcheggi a basso costo per 

i bambini, quello a cui si deve pensare e’ una rivoluzione (che si puo’ fare 

anche in breve tempo….), rivoluzione che parta da tre presupposti:

1 – i soggetti principali che devono trarne vantaggi sono gli alunni

2 – la didattica deve subire un miglioramento/cambiamento

3 – le strutture devono essere all’altezza della situazione (che visto lo 

stato medio degli immobili scolastici… non e un’impresa da poco).

Quindi, ci sono progetti in merito? Se no, lasciamo perdere, e’ meglio 

dedicare il proprio tempo a giocare coi propri figli, li facciamo piu’ 

contenti. Se si’, e’ bene continuare a parlarne, proporre, sognare e 

ipotizzare da parte di tutti i soggetti, tra cui noi come associazione per i 

diritti degli utenti di un servizio pubblico, genitori (tra cui c’e’ anche 

lo scrivente), insegnanti e personale vario. Il metodo sarebbe quello di una 

consultazione pubblica con precisi tempi e scadenze (come spesso accade sia 

nel nostro Parlamento che in sede comunitaria).

Vediamo per punti:

1 e 2 – gli alunni, mediamente, non vedono l’ora che la scuola finisca, 

perche’ la stessa e’ quasi sempre estranea ai loro interessi che maturano in 

ambito societario, culturale, comportamentale. Bisogna quindi che si parli 

di una scuola in cui gli alunni si divertano ad andarci: dove, per esempio,

* si apprenda la matematica anche con i videogiochi;

* la ginnastica non sia un’opzione saltuaria e la prima cosa a saltare in 

caso in cui gli antri che vengono chiamate palestre servono a qualcosa che 

e’ sempre giudicata piu’ importante dello sport;

* la musica non sia materia praticamente inesistente (e noiosa) se non per 

degli istituti a specifico indirizzo, e parta dalla musica che i ragazzi 

sentono tutti i giorni coi vari strumenti elettronici che tutti hanno a casa 

o nello zaino;

* l’alimentazione non sia solo mangiare ad una mensa piu’ o meno decente (la 

mia esperienza di genitore e’ totalmente negativa, nonostante le 

strombazzate sul biologico e il Km-zero), ma un vera e propria materia di 

studio basata sulla vita e sui gusti quotidiani di tutti i ragazzi;

* gli strumenti di apprendimento da privilegiare siano quelli della 

tecnologia e della curiosita’: per esempio, gli insegnanti, invece di stare 

un’ora a parlare di come mangiavano e ruttavano e vestivano e abitavano i 

romani (e quelli prima e quelli dopo di loro) dovrebbero essere supportati 

da veri e propri film o serial per ragazzi di quella eta’ con storie 

ambientate nell’epoca di riferimento. Si apprende di piu’ in mezz’ora di un 

telefilm che in cinque ore di un palloso insegnante che ripete le sue 

nozioni a paperotto. Altrettanto e soprattutto per la geografia, dove 

all’apprendimento mnemonico astratto dei fiumi e dei monti e dei confini, si 

sostituiscano storie di vita vissuta di ragazzi in questo o quell’altro 

posto (mia figlia ha piu’ imparato sulla Polinesia e sulla composizione del 

Globo terrestre dai film sui romanzi di Giulio Verne che non da ore di 

insegnanti che al massimo mettevano un ditino su un mappamondo o facevano 

vedere dei disegni sulla composizione dell

a

crostra terrestre). E cosi’ anche per altre materie (informazione sessuale e 

civica -europea e mondiale, non solo italiana- inclusa), ognuno ovviamente 

nel proprio specifico. Se -ulteriore esempio- invece di andare ad affollare 

le multisale cinematografiche,- gli ultimi film i ragazzi li potessero 

vedere nelle scuole, magari ragionandoci dopo su come sono stati realizzati… 

si’ che ci andrebbero volentieri a scuola…

3 – Punto dolente, le strutture. Investire, investire e investire per 

adeguarle ai punti precedenti deve essere una priorita’, non solo in 

occasione di campagne elettorali, ma con progetti, approvazioni e 

stanziamenti. Strutture che, per esempio, non facciano stare tutto il giorno 

i ragazzi nella medesima aula con gli insegnanti che cambiano, ma facciano 

muovere questi ragazzi da un’aula ad una altra, ognuna specificamente 

attrezzata alla bisogna, rendendo anche i luoghi comuni di passaggio come 

vivi (per le pause tra una lezione e l’altra) e non solo corridoi di 

trasferimento da cui essere costantemente richiamati perche’ ci si attarda. 

Questo significa strutture alla bisogna per palestre, storia, geografia, 

matematica, musica, etc, dove ognuno trovi li’ quello che gli serve a farlo 

diventare protagonista della materia e non acciughina passiva di insegnanti 

che ripetono come le solite paperotte. L’importanza di questi investimenti 

e’ sempre sottovalutata, dando invece, per

esempio, priorita’ a vere e proprie bombe distruttive come i bonus bebe’ per 

far fronte ai cali di natalita’ italica (1).

Tutto questo non significa che gli alunni devono stare piu’ tempo a scuola, 

ma che quest’ultima deve avere tempi non stressanti di presenza, con periodi 

di riposo piu’ frequenti (vacanze d’autunno, d’inverno e di primavera, per 

esempio, oltre alle tradizioni di fine anno: l’esempio francese, per 

esempio, con scuola dal 1 settembre a fine giugno e varie pause durante 

l’anno scolastico, e’ interessante).

Ma i soldi dove si prendono? Se c’e’ qualcuno che non creda che tutto questo 

possa essere anche business (e notevole), vuol dire che e’ tra coloro che 

preferiscono che i figlioli continuino a formarsi al di fuori della scuola, 

sappiano del sesso vedendo i filmini porno in Internet, giochino a pallone 

in improvvisati e improbabili campetti, odino gli insegnanti e le materie, 

socializzino solo nei vari Mc Donalds (nulla contro il gigante della 

ristorazione popolare, ma solo un esempio) e sulle panchine di giardini 

affogati nello smog urbano, dissanguino economicamente le famiglie per corsi 

supplementari e parcheggi di vario tipo. Il concetto e’ questo: vogliamo e 

crediamo che il mercato che interessa i ragazzi possa entrare nella scuola, 

rendendoli protagonisti senza far loro costantemente agognare di uscire 

dalle mura/prigione in cui oggi li abbiamo rinchiusi? Se questo e’ il 

concetto di partenza, se -come dicono- siamo tanto bravi ad organizzare cose 

tipo Expo e stadi per il

calcio, perche’ non dovremmo mettere altrettanto ingegno su una tangibilita’ come 

gli alunni e la scuola? O forse questo non accade perche’ i ragazzi ancora 

non votano?” Lo  scrive in una nota Vincenzo Donvito, presidente Aduc.

© StudioColosseo s.r.l. - studiocolosseo@pec.it
Il Sito è iscritto nel Registro della Stampa del Tribunale di Roma n.10/2014 del 13/02/2014