MPS/Banche: nessun rimborso per i risparmiatori traditi

In arrivo il decreto-salvatore dopo le incertezze del governo e delle autorità regolatorie che hanno danneggiato migliaia di cittadini

Non può essere che una grande Banca come il Monte dei Paschi, 5 milioni di clienti e 26.000 dipendenti, viva una così lunga agonia; e che la speculazione festeggi da anni lauti guadagni, realizzati utilizzando risultati economici, cambi di vertice e decisioni delle Autorità di Vigilanza, per spingere verso l’alto o il basso il titolo in Borsa, mentre correntisti e risparmiatori sono attraversati da brividi e ora persino chiamati a partecipare all’aumento di capitale, trasformando le obbligazioni possedute in azioni, sempre che la Consob lo autorizzi e la tempistica lo consenta.

Ma nessuna paura. Il Monte dei Paschi è comunque destinato a salvarsi perché nasconde troppi scomodi segreti, come sostiene Daniele Pesco, capogruppo M5S alla Commissione Bilancio e finanze della Camera. Il problema è soprattutto come salvarlo, in modo che la titolarità di tanti crediti inesigibili, veri o fasulli, non venga alla luce del sole. Sembra di rivivere le vicende del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi che stava in piedi grazie a un grosso credito inserito a bilancio, che risultò poi del tutto inesistente, il che determinò, quando venne a sapersi, il commissariamento dell’Istituto. Ora che non è più stagione per gli interventi di Bankitalia, a sostegno del sistema bancario, si ricorre agli aumenti di capitale di “mercato” o pseudo-mercato.

Se però alla fine non si trovano investitori fra i privati, se non si vuole chiudere una banca così importante, con i contraccolpi che questo comporterebbe a tutto il sistema bancario europeo, non può che intervenire lo Stato, sottoscrivendo quella parte di aumento di capitale che, come si dice, resterà inoptata dai privati. E ad aprire la strada dell’ingresso dello Stato nel Monte dei Paschi sarebbe la stessa Bce – nella componente che presiede alla Vigilanza bancaria guidata dall’inflessibile Daniela Nouy – che, non consentendo proroghe alla scadenza dell’aumento di capitale, in sostanza spalancherebbe la porta alla nazionalizzazione della banca senese.

Scartato senza alcuna esitazione il piano dell’ex banchiere Corrado Passera, l’ultimo vertice, con la collaborazione di Jp Morgan e Mediobanca, per salvare Monte dei Paschi ha puntato sull’ennesimo aumento di capitale per 5 miliardi, che parve a tutti azzardato fin dal primo momento e che si sta puntualmente rivelando impossibile, al punto da rendere inevitabile l’intervento dello Stato.

Ora sta anche cambiando l’inquilino di Palazzo Chigi che ha sostenuto questo piano, tifando per le sorti della banca da sempre nell’ area del suo partito, il PD, e che da ben sette anni è alla ricerca di un rilancio. Ma Renzi non contento del disastroso “copione” che ha riservato al Monte dei Paschi e al sistema bancario nel suo complesso, come ultimo contributo, lascia in eredità al suo successore designato, Paolo Gentiloni, la bozza di un decreto – salvatore.

Superate le perplessità riguardo all’intervento diretto dello Stato, il decreto prevede il salvataggio della banca senese attraverso una “ricapitalizzazione precauzionale”. Nello stesso decreto ci saranno altrettante garanzie pubbliche al rafforzamento del capitale della Popolare di Vicenza, di Veneto Banca, di Carige, Banca Etruria, Marche, Carichieti e Cariparma. Infine il decreto dovrebbe anche trovare il modo di superare l’eccezione sollevata dal Consiglio di Stato, che ha stoppato la riforma delle popolari, nonché aggiornare il fondo di garanzia dei depositi al quale sono chiamati a concorrere tutti gli istituti di credito.

Questi tardivi ravvedimenti non bastano comunque a sanare i gravi errori di intervento e prospettiva, commessi tanto dal governo che dalle associazioni e dalle autorità regolatorie, che hanno danneggiato migliaia di piccoli risparmiatori e incrinato la fiducia di milioni di cittadini, che il risultato del referendum in parte riflette.

Al di là degli istituti in crisi, tutte le attività bancarie fanno oggi i conti con una redditività strutturalmente molto bassa che, come nel caso del Monte dei Paschi, difficilmente è in grado di coprire il costo di capitale, necessario per avere un patrimonio adeguato alle recenti regole europee. Da qui la difficoltà, per il Monte dei Paschi come per altri istituti di credito, di trovare nuovi investitori in un settore che fa fatica a cambiare pelle. Tanto più che i vertici , anziché puntare sul futuro e a nuovi ricavi, sono soprattutto impegnati al taglio di costi e di personale. O persino a spogliarsi dei “gioielli, come Unicredit che ha dovuto rinunciare alla dimensione europea costruita a fatica, per far fronte anch’esso alle esigenze di ricapitalizzazione.

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