Nomadi: a Roma oltre 6 mila in campi e insediamenti

Dopo la chiusura lo scorso anno del Camping River, il Campidoglio a 5 Stelle punta al superamento di tutti i campi in città, partendo da La Barbuta e Monachina

Sono poco più di seimila le persone che abitano tra campi autorizzati, tollerati e insediamenti spontanei a Roma. Racconta questo la più recente fotografia dei ‘nomadi’ scattata dalla “21 Luglio”, associazione che da anni si occupa di lotta alle discriminazioni. Dopo la chiusura lo scorso anno del Camping River, il Campidoglio a 5 Stelle punta al superamento di tutti i campi in città, partendo da La Barbuta e Monachina dove sono in corso le attività propedeutiche alla chiusura. Solo ieri la sindaca Virginia Raggi ha rivendicato la cosiddetta ‘terza via’ individuata dal Comune su questo tema: “Inflessibili con i delinquenti, accoglienti con le persone fragili. I bambini e le persone fragili devono essere aiutati”.

Oggi la stessa Raggi ha spiegato così la decisione di spostare – dopo le proteste – il gruppo di circa 70 nomadi (di cui 33 minori) dal centro di Torre Maura in altre strutture: “Sono intervenuta per evitare che la situazione degenerasse, per tutelare i tanti cittadini onesti di quel quartiere e i 33 bambini che rischiavano la vita e l’incolumità personale”. I nomadi in questione provenivano da una struttura, chiusa, non distante dal centro di accoglienza di Torre Maura dove sono stati trasferiti. Dopo le forti proteste scoppiate ieri nel quartiere, il Comune ha deciso di dividerli “in piccoli gruppi”, come ha spiegato il delegato alla sicurezza Marco Cardilli, e dislocarli in altri centri che si occupano a Roma di persone fragili. Le operazioni, curate dalla Sala operativa sociale, sono in partenza e si concluderanno in sette giorni. “Il piano del Comune” per il superamento dei campi “sta progredendo” e “continuerà”, ha assicurato Cardilli. Intanto, il presidente della 21 luglio, Carlo Stasolla, ha spiegato che, al 2018, risultano “6.030 persone che abitano ancora nei campi attrezzati o tollerati di Roma, 16 in tutto dopo la chiusura del River.

Questo numero include anche le circa 1.200 persone che abitano in insediamenti informali”. Il suo j’accuse è messo nero su bianco in un post su Facebook: “A Torre Maura il Comune di Roma, con nonchalance, aveva scelto di praticare il modello dei ‘centri di raccolta rom’, quello inventato da Alemanno” e “ha fallito. E’ un sistema che viola i diritti umani, è costoso e la popolazione non lo accetta”. Virginia Raggi lanciò nel 2017 il suo piano di superamento dei campi nomadi. Un programma fondato su un patto di responsabilità tra capofamiglia e Campidoglio e su 4 assi: scolarizzazione, occupazione, salute e abitazione.

Previste misure temporanee di sostegno alle persone in condizioni di fragilità per accompagnarne l’uscita dai campi. E spazio anche ai rimpatri assistiti (ovvero un contributo economico per aderire ad un progetto di reinserimento nel proprio paese di origine) inaugurati nel 2018 dalla stessa Raggi, volata in Romania. Su un altro binario corrono, invece, le assegnazioni delle case popolari. “Il piano rom nulla ha a che vedere con le assegnazioni delle case popolari – ha spiegato di recente Raggi -. Queste sono garantite e assegnate soltanto agli aventi diritto, non agli irregolari, le graduatorie da parte di Roma Capitale non tengono conto dell’etnia dei richiedenti”.

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