Quell’eroe del Risorgimento sfregiato per l’assonanza con Mussolini

Ecco cos’è successo al busto di Giacomo Pagliari: quando le battaglie si combattono a suon di scalpello

È il 20 settembre 1870. Il 34° Battaglione Bersaglieri, inquadrato nel corpo d’armata del generale Cadorna, supera la breccia di Porta Pia dopo aver respinto la resistenza dei lealisti fedeli al Papa Re. È l’episodio – anche simbolico – che sancisce la fine del potere temporale dello Stato Pontificio. Per vedere Roma capitale del Regno d’Italia bisognerà attendere l’anno successivo. A guidare quel 34° Battaglione c’è il cremonese Giacomo Pagliari, 48 anni, reduce delle campagne di Crimea che perde la vita nell’assalto dei suoi bersaglieri. La storia che vi vogliamo raccontare parte proprio da qui, dalle difficoltà di preservare la memoria di un eroe del nostro Risorgimento dagli sviluppi storici del secolo successivo.

Giacomo Pagliari riceve una medaglia postuma al valor militare, riconoscimento che negli anni prenderà anche altre forme, dalla memorialistica alla scultura tipica che viene scelta per celebrare gli eroi del passato: il busto.

Come racconta il giornalista Arrigo Petacco nel suo libro “O Roma, o morte”, dedicato al risorgimento italiano, attorno alla statua in onore di Pagliari c’è un episodio che vale la pena riportare alla luce.

Siamo sulla Passeggiata del Gianicolo, a Roma. Sotto il busto che raffigura Pagliari c’è una scritta in suo onore che recita le seguenti parole: «Ufficiali e soldati del 34° bersaglieri, commemorando l’eroico loro duce, lo additano orgogliosi ai bersaglieri della nuova Italia».

Oggi quella scritta non si può più leggere in quei termini, perché dopo il 25 luglio del 1943 la scritta duce è stata scalpellata e sostituita dalla parola ‘capo’:

In quegli anni la parola ‘duce’ è riferita a Benito Mussolini e la sua sfiducia da parte del Gran Consiglio del Fascismo viene vista come l’occasione per modificare l’epigrafe in onore di Pagliari. L’episodio è interessante. Intreccia fasi diverse della storia italiana e fa comprendere il mutevole approccio a nomi, fatti e memoriali.

Chissà cosa avrebbe pensato di quest’episodio lo stesso Pagliari, protagonista involontario di una battaglia combattuta a colpi di scalpelli. Forse sarebbe stato contento, visti gli errori decisivi, compiuti da Mussolini, che hanno finito per indebolire quella patria per cui Pagliari ha dato la vita. Oppure avrebbe preferito lasciare la scritta così com’è, consapevole che la storia non vada cancellata e ogni tassello è utile per ricostruire il proprio passato.

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