Consultazioni: la golden share di Berlusconi e Renzi

Secondo giro, ma governo ancora lontano. Comunque dovremo aspettare maggio.

Secondo giro di consultazioni al Quirinale per la formazione del nuovo governo, ma il traguardo sembra ancora lontanissimo. E lo sanno bene sia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che i partiti. Il fatto e’ che il M5S, che nel voto del 4 marzo ha conseguito una grande vittoria proprio per la sua alternita’ verso Pd e Centrodestra, ora si trova nella necessita’ di trovare appoggi proprio dal vituperato Partito Democratico o da Matteo Salvini, che dovrebbe operare uno strappo dai suoi alleati Fi e FdI. Cosa al momento impensabile.

Una situazione di stallo, quindi, che puo’ essere superata solo grazie ai due grandi sconfitti del 4 marzo, ovvero Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, detentori di una vera e propria “golden share” in questo momento politico. Luigi Di Maio, infatti, non potendo contare su una autonoma maggioranza in Parlamento, si trova costretto a cercare sponde sia a sinistra che, alternativamente, a destra, ovvero alla Lega, sulla base di un programma di governo, condiviso e sottoscritto in stile tedesco. Che c’entrano, direte voi, Renzi e Berlusconi? E’ presto detto.

Per avere un governo M5S appoggiato dal Pd e’ necessario che non ci siano defezioni, soprattutto al Senato, dove i numeri sono piu’ risicati. Una eventuale maggioranza con la sinistra supererebbe di poco la soglia dei 160 voti richiesti per la fiducia; avrebbe infatti 165 senatori (M5S 109, Pd 52, LeU 4) ai quali si potrebbero aggiungere un po’ di “responsabili”. Ma Renzi, almeno per il momento, controlla con i suoi “fedelissimi” entrambi i gruppi parlamentari del Pd. Quindi, senza un accordo con lui, Di Maio non avrebbe i numeri necessari.

Le stesse considerazioni si possono fare sul fronte destro. Senza Berlusconi e Giorgia Meloni, una eventuale maggioranza M5S-Lega puo’ contare su 167 voti (109 cinquestelle, 58 leghisti). Troppo pochi per una navigazione tranquilla a Palazzo Madama. E Salvini pagherebbe un prezzo altissimo perche’ correrebbe il rischio di crisi regionali in Lombardia, Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia (se verra’ conquistato nel prossimo voto del 29 aprile) a guida leghista (Fi e FdI sicuramente reagirebbero al “tradimento” dell’alleanza di centrodestra). Per forza di cose, allora, Salvini non puo’ abbandonare Berlusconi. Puo’ solo tentare di convincerlo a farsi da parte, a recitare la parte del “padre nobile”. In questo contesto, solo il leader di Fi puo’ decidere se agevolare la nascita di un governo M5S-centrodestra accettando di restare nell’ombra. Da qui la sua “golden share”.

Situazione bloccata, allora, che non potra’ essere rimossa prima del voto in Molise (22 aprile) e nel Friuli. Dovremo aspettare maggio per vedere se Di Maio trovera’ i numeri per governare. In caso contrario, prepariamoci ad un governo “di scopo” (legge elettorale e legge di stabilita’) e poi ritorno alle urne.

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