Nel Lazio lavorano 85.218 dipendenti di enti territoriali (comuni, regione, province e società partecipate da queste tre istituzioni). E 46mila se si escludono i dipendenti delle società di servizio (trasporti, nettezza urbana e altri). Sono troppi, secondo un recentissimo rapporto dell’Osservatorio sui Conti pubblici italiani diretto da Carlo Cottarelli: una media di 14,4 dipendenti per ogni mille abitanti, più della media nazionale che è di 11 dipendenti.
In paragone, in Puglia i dipendenti sono 7,5 per mille, in Piemonte 8,5, in Veneto 8,8, in Lombardia 9,3, e via dicendo. Il confronto con la Lombardia è cruciale: è vero che la spesa è più alta (1,8 miliardi in Lombardia contro 1,4 miliardi nel Lazio) ma va considerato che la popolazione che vive nella regione del nord è quasi il doppio di quanti abitano sulle sponde del Tevere (10,1 milioni contro 5,8) il che porta le media pro capite della spesa a essere molto maggiore nella regione che ha come capoluogo Roma rispetto a quella imperniata su Milano, dove i dipendenti sono ben 92mila (contro gli 85mila del Lazio). E questo in presenza di retribuzioni molto simili: 28.800 euro l’anno in media in tutti e due i casi.
Il problema quindi non è di retribuzioni, che sono allineate, ma semplicemente di numero dei dipendenti: secondo l’Osservatorio per poter allineare il rapporto spesa/effettivi al paramento medio nazionale – oltre che ad una serie di altri standard elaborati dall’Osservatorio sempre tendendo presenti popolazione, Pil regionale, reddito pro capite, perfino numero degli anziani e conformazione del territorio – occorrerebbe tagliare oltre 3600 addetti dagli organici. Ciò permetterebbe di risparmiare oltre 105 milioni l’anno, quasi l’8% di quanto oggi si spende. Il personale è troppo corposo, insomma, e questo soprattutto per i recenti gonfiamenti dei dipendenti delle società partecipate, che con quasi 40mila addetti rappresenta il 45% dei dipendenti pubblici locali nel Lazio.
Una quota essa stessa abnorme se si pensa che nella solita Lombardia i dipendenti delle municipalizzate e regionalizzate non
superano il 32% del totale. Certo, conclude il rapporto, parlando di livelli occupazionali è sempre complesso qualsiasi discorso di riduzione. Ma intanto si potrebbe procedere con più stringenti criteri di lotta all’assenteismo e di miglioramento della produttività e della qualità del servizio.
Giovanni Bollini