Il coronavirus ferma le offerte, parrocchie nei guai

Le messe sono vietate da una settimana e le offerte scarseggiano. Bilanci delle parrocchie in affanno

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La fede al tempo del coronavirus. Parrocchie vuote, per disposizioni del Vaticano, riti in streaming e dunque zero offerte. Non un problema per le grandi parrocchie, ma per quelle minori sì. Le offerte, da sempre costituiscono un pezzo importante del bilancio parrocchiale.

“In effetti la mancanza di offerte si fa sentire, le messe sono state fermate per l’emergenza coronavirus”, spiega il viceparroco di una importante chiesa della Capitale. “Grazie al Cielo abbiamo ricevuto dei sussidi dalla Cei e dal vicariato e poi in molti hanno fatto offerte e donazioni per delle missioni specifiche. Ma certamente, nell’ordinario, questa crisi colpisce le famiglie. Le quali, anche quando torneranno in parrocchia magari avranno spese prioritarie da fronteggiare, come bollette e tasse e questo magari si ripercuoterà sulle offerte, chissà”.

Dal 1989 al 2018 le donazioni  tramite offerte della domenica sono state tutte sopra i 20 milioni di euro fino al 2000, con un notevole picco di quasi 24 milioni nel 1994, con il record di 211.138 offerte e di 168.051 offerenti nel 1992 e un’offerta media di 111 euro. Poi le cose sono cambiate. In peggio. Dai 16 milioni e 562 mila euro donati nel 2008 si arriva agli 8 milioni e 801 euro del 2018, in soli dieci annipraticamente dimezzati. Così come gli offerenti che passano dai 120.607 del 2008 ai 74.928 del 2018.

Non è un caso che in Umbria, la Fondazione Carit, Cassa di risparmio di Terni si è fatta carico delle difficoltà della parrocchia del Duomo di Narni, comunicando  l’intenzione di versare una bella somma in sostituzione delle offerte che i fedeli donano ad ogni messa: 4 mila euro.

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