Morto un Papa se ne fa un altro, in S. Pietro è una triste verità

Anche se sono una cattolica poco praticante il veloce cambio di sentimenti in piazza S. Pietro tra lacrime di morte e lacrime di gioia mi ha turbato. Troppe parole, troppi selfie, troppo spettacolo a favor di audience

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Piazza San Pietro è stata nell’arco di poche ore l’espressione di sentimenti umani quasi estremi: prima il dolore attonito e poi la gioia euforica; per l’una come per l’altra manifestazione le lacrime sono scese in grande quantità.

Il 21 aprile moriva Papa Francesco e l’8 maggio alla stessa balconata da cui Francesco morente aveva impartito la benedizione Urbi et Orbi si è presentato Papa Leone XIV, il nuovo Papa della società cattolica nel mondo. Questo repentino e tanto facile cambio di emozioni mi ha turbata intimamente, come se le lacrime di morte non avessero lasciato nessun segno sinceramente profondo e nello stesso tempo come se non fossero il segno di un elaborato cordoglio difficile da rimarginare in brevi ore.

Forse il detto “morto un papa se ne fa un altro” l’altro giorno in Piazza S. Pietro ha trovato una conferma quasi esasperata.

Ben vero che al gregge/gruppo serve un capo e poco importa chi sarà, ma è fondamentale che sappia farsi seguire, rispettare e amare. Però, nel caso di Francesco mi pare che il gregge abbia dimostrato ben poca memoria per i suoi 12 anni di presenza, per le sue stravaganze, i suoi viaggi, le sue controverse aperture, il suo essere Papa senza mostrarne, in parte, gli stilemi classici.

Quanti affanni e quante parole per trovare differenze fra i due Pastori: l’abbigliamento, il saluto ai fedeli, il primo approccio, la scelta della residenza fino a quella dell’auto di “servizio”, poi gli studi compiuti, le lingue parlate e l’ordine di appartenenza. Tutto e subito è stato cercato e sviscerato attentamente a favor di popolo e di audience.

Da cattolica poco praticante trovo, comunque, tutto questo inadeguato, troppo social e poco rispettoso. Credo che in tutte le case quando un nostro caro è appena passato dall’altra parte (chissà dove, chissà se lo ritroveremo, ecc) scenda un peso quasi insopportabile fatto di ricordi, di assenza e di revisione; a volte dura tanto tempo, a volte la ferita si rimargina in fretta, ma comunque si vive un momento di sospensione che nel caso di cui parlo i fatidici novendiali non hanno affatto riempito: tra pronostici sul futuro eletto, selfie di comuni e potentati (e dire che erano vietati), interviste e trasmissioni tutto è volato con la velocità e l’inconsistenza di un Sanremo qualunque.

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