In programma diversi incontri nei municipi
l'ingresso principale di Palazzo Senatorio
Non è vero che tutto tace nel centrodestra romano quando si parla di elezioni amministrative 2027. Il dardo lo ha scagliato Fratelli d’Italia, con un primo incontro all’hotel Colosseum tra Termini e l’Esquilino: ne seguiranno altri, in tutti e quindici i municipi della Capitale. “Mancano due anni, ma dobbiamo fare un gran lavoro adesso. Prepariamoci, da settembre comincia la campagna elettorale per riconquistare la Capitale d’Italia”, ha esortato la senatrice, già consigliera capitolina, Lavinia Mennuni. A convocare la riunione è stato il consigliere del centro storico, Stefano Tozzi, portando in sala, insieme ai militanti, anche due associazioni: Italia-Cina e Fare verde. Tra i presenti molti rampelliani, ma anche qualche meloniano, come Marco Perissa, deputato, e Lorenzo Santonocito, capogruppo municipale.
A dirla tutta, in principio fu Forza Italia a muoversi su questa linea, alcuni mesi fa, avviando una campagna acquisti di adesioni al partito, che ha triplicato eletti e militanti nei territori, e un tour porta a porta nei quartieri per ascoltare i bisogni inevasi e denunciarli. Idem, per la Lega. Oltre ai gazebo tematici nei municipi, il partito ha annoverato nuovi ingressi (tra cui Alessandra Mussolini e Roberto Cantiani, quest’ultimo recentemente nominato consigliere nel Cda di Atac in quota opposizione) e si è assicurato recentemente l’appoggio dell’associazione Noi siamo Roma e da tempo quello dei comitati che contestano la Ztl Fascia verde. La strategia comune nel centrodestra, per i prossimi due anni, è muoversi su un doppio binario: da un lato rivendicare l’impegno del governo nell’operazione di trasformazione della città, dall’altro denunciare i disservizi, con particolare attenzione a decoro, trasporti e sicurezza.
Detto questo, il tema non ancora affrontato, né nei partiti, tantomeno in coalizione, è quello che viene definito secondario. Prima i programmi, si ripete come un mantra. Ma sarà determinante per il centrodestra, vista la notorietà in ascesa sui social network del sindaco Roberto Gualtieri, rispondere alle urne di Roma 2027 con un candidato che abbia fama, pari o superiore.
Per ora le voci che girano, più tra i militanti che ai piani alti dei partiti, secondo quanto ricostruito da “Agenzia Nova”, rilanciano i due volti noti della politica capitolina: Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia e Maurizio Gasparri di Forza Italia. In Fratelli d’Italia, qualcuno non esclude il ritorno di proposte che non si sono concretizzate in passato, qualcun altro fa circolare invece i nomi dei deputati Marco Perissa e Luciano Ciocchetti. “È troppo presto, non c’è stato ancora alcun confronto su questo”, ha assicurato ieri Rampelli a margine dell’iniziativa all’hotel Colosseum. Poi, con l’ironia romana che lo contraddistingue, sull’ipotesi di una sua candidatura ha scherzato: “Io sono come la sora Camilla, tutti me vojono e nessuno me se pija”. Nel suo gruppo, pur mantenendo la speranza di vederlo in campo, chi conta dice che, in alternativa, Ciocchetti “potrebbe essere una figura di mediazione” e Perissa “anche se è giovane, è preparato e appassionato di Roma”. Sia in Forza Italia, sia nella Lega, tuttavia, la base chiede di evitare gli errori del passato e di scegliere una figura di esperienza politica, tanto locale quanto nazionale. Se nel partito di Tajani, l’asso nella manica è Gasparri, e per ora più che vagliare altri profili si pensa a sollecitare la coalizione per convergere su una scelta entro dicembre, nel partito di Salvini qualche ipotesi pure la si sussurra: tra i nomi che rimbalzano quelli della deputata Simonetta Matone e dell’ex assessore e consigliere comunale, oggi consulente del ministero dei Trasporti, Davide Bordoni. La Lega, però, a differenza degli alleati, pensa che il dibattito sul candidato vada rinviato, quantomeno, alla fine del 2026.
È vero che è presto, tanto quanto è vero che al momento opportuno ognuno vorrà far valere il proprio peso elettorale, nella Capitale e nel Paese. Tutti i partiti dello schieramento, però, sanno fin da ore che si dovrà evitare di spaccare la coalizione. Così i dirigenti, in tutti i partiti del centrodestra, si dicono certi che “si troverà una sintesi”. Anche perché chi tra loro mangia pane e politica, quella romana soprattutto, da anni, al momento guarda con più attenzione in casa degli avversari che nella propria. E se si dice sicuro che il governo possa portare a dama la riforma elettorale, in particolare con l’emendamento che eliminerebbe il ballottaggio nei grandi comuni, sa che per fare almeno il 40 per cento al primo turno bisogna tenere unita l’alleanza, a maggior ragione se il campo largo del centrosinistra si fa un po’ più stretto, e perde il pezzo che guarda a Ignazio Marino. L’ordine di servizio, da qui al 2027, quindi, è unità.
Qualche mal di pancia nella coalizione, però, già ha fatto capolino. La scorsa settimana, che ha dato il via a quella che termina oggi, si è chiusa con il neo eletto segretario del Lazio di Noi moderati, Marco Di Stefano, che ha annunciato la rottura dell’accordo dell’intergruppo con Forza Italia in consiglio regionale, per motivazioni che richiederebbero un articolo a parte. Basti qui, però, ricordare che il partito ha “rivendicato un concetto sacrosanto: in una coalizione ci si confronta sui programmi e sugli uomini da mettere in campo”, ha detto Di Stefano. Quindi, ognuno per la sua strada. Ma “questo non significhi rompere i legami tra i due partiti o scatenare sui territori conflitti tra amici”, è stato il monito del segretario locale di Noi moderati. Insomma, si va un po’ ciascuno per i fatti propri, ma non troppo e non per molto, altrimenti non si va lontano, come ha insegnato Roma 2021.