Stima dell’Istat su luglio. Nella Capitale i prezzi corrono di più rispetto a Milano. In rialzo anche i costi per sanità e istruzione
Roma risulta con un’inflazione in linea con la media del resto del Paese, 1.7%. La crescita dei prezzi è meno veloce rispetto a città come Rimini o Napoli, ma di più, ad esempio, di Milano. La stessa percentuale si registra in tutto il Lazio, secondo l’Istat che ha diffuso i dati di luglio 2025.
Cresce la spesa per i beni alimentari
Il problema è che ad aumentare di più sono stati i beni di prima necessità, il cosiddetto carrello della sospesa, ovvero frutta, verdura, carne. In sostanza, gli alimentari arrivano ad aumentare su base annua anche dell’8%. Segno che le classi meno abbienti, o anche più povere, risentono di più dell’inflazione e dell’aumento dei prezzi. In aumento più della media nazionale, a luglio 2025 rispetto a luglio 2024, anche le spese per la sanità e per l’istruzione.
In aumento coloro che si rivolgono alla Caritas di Roma
Un’inflazione all’1,7% non è certo un buon biglietto da visita per il calo della povertà. Cresce infatti il numero di chi si rivolge alla Caritas diocesana di Roma. Nel 2023 i Centri di Ascolto hanno incontrato 13.162 persone, il 12% in più rispetto al 2022, superando anche i dati dell’emergenza Covid-19 (11.223). Le tre Mense sociali hanno registrato un incremento del 21% di ospiti (da 9.148) e dell’1% dei pasti serviti, arrivati a 322.058 in convenzione con Roma Capitale. In totale, tra servizi diocesani e parrocchie romane, sono state aiutate 24.658 persone, di cui 10.985 – pari al 41% – per la prima volta.
A Roma cresce chi ha difficoltà a curarsi
Anche l’Area Sanitaria ha visto crescere gli accessi: 3.172 i pazienti assistiti tra Poliambulatorio, Centro odontoiatrico, Armadio farmaceutico e il programma “Ferite Invisibili”. Le prestazioni erogate sono state 28.127, in aumento del 10,1% sul 2022, con circa 11.000 triage Covid-19 rivolti a 3.900 persone di 104 nazioni. Per 1.997 pazienti (+8,5%) è stato il primo contatto con la Caritas. Sul fronte abitativo, la maggioranza degli accolti (51,4%) vive in affitto. Il 21% si trova in condizioni precarie, tra alloggi di fortuna e ospitalità temporanea presso amici, parenti o datori di lavoro (14,2%). Solo l’8% possiede una casa, mentre situazioni come campi nomadi (1,3%) o residence e altre sistemazioni (2,9%) restano minoritarie.