Avvincente botta e risposta tra il creatore di robot Ishiguro e il teologo Benanti nell’incontro organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita
Letterati del passato rimessi in ‘vita’ dalla robotica, robot umanoidi e una discussione sul loro rapporto con l’etica e il bene dell’umanità.
“Noi non vogliamo solo creare un’applicazione ma indagare sulla natura umana” spiega il dott. Iroshi Ishiguro davanti a una platea di studenti, professori e prelati. Nella Cappella dell’Università La Sapienza – in un incontro organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita – il maestro giapponese mostra le sue creazioni sorprendenti, una carrellata di robot antropomorfi che conducono programmi televisivi, conversano e addirittura fanno teatro.
“Vi piace questo futuro?” Chiede al pubblico, che risponde con una risata carica di stupore, interesse e curiosità. “Noi sentiamo il cuore e la mente dell’androide, che in questo caso è un semplice programma digitale”. Tanti i contributi video, da conversazioni complesse a semplici chiacchierate tra umani e robot su quale sia il sushi migliore.
“L’efficienza non è l’unico parametro per valutare un’attività umana – replica il teologo Paolo Benanti – il medico non è colui che non sbaglia mai ma colui che giura che fare del proprio meglio. Che vuol dire essere uomini? Un oggetto tecnologico può cambiare la storia dell’uomo a questi livelli? Il punto vero è che non tutte le azioni umane sono imitabili: la differenza tra l’uomo e il robot è che quest’ultimo non si chiede il perché delle sue azioni. Prima di affidare un anziano a un robot solo perché non si stanca mai, dobbiamo chiedere quali valori possiamo affidare alla macchina”.
“Che tipo di società vogliamo?” È la domanda-risposta del teologo al dottor Ishiguro, che ascolta con attenzione e risponde al pubblico – perlopiù giovane – che ieri sera ha gremito l’auditorium universitario.