Ai ristoratori del Ghetto di Roma non va proprio giù. I carciofi alla giudia sono sicuri, e per come è fatto fin dal 600 risponde ai dettami casher. D’altronde, la pensa così anche Rabbino di Roma. Anche ieri i ristoranti nella zona ebraica della Capitale erano pieni, soprattutto di turisti, e la pubblicità negativa, involontaria, del Rabbinato d’Israele non sembra evra avuto effetto.
Il punto in questione e’ che nei carciofi potrebbero essere presenti piccoli vermi o parassiti che rendono la pianta erbacea ‘proibita’ in base alle rigide regole della ‘casherut’.
I ristoratori che abbiamo sentito ieri al Ghetto però sono sicuri del fatto loro. La liceita’ del carciofo alla giudia “nasce da due peculiarita’: il prodotto e la maniera di pulirlo. Gli ebrei romani hanno entrambe le cose”. La prima riguarda il fatto che per fare il vero carciofo alla giudia occorre la varieta’ detta‘romanesca’, che ha una corolla stretta tale da impedire l’ingresso e l’annidarsi dei vermi. La seconda e’ il modo di pulirlo, che da sempre e’ lo stesso: prima si tolgono le foglie piu’ dure, poi si mette il carciofo a bagno nell’acqua limonata e dopo lo si immerge nell’olio caldo per renderlo croccante.
“Gli ebrei romani – sottolineano ancora i ristoratori – sanno benissimo quali scegliere e come prepararli”. E poi i carciofi in Israele, insistono a Roma, sono di qualita’ differente e trattati in maniera molto diversa da quella nostrana.