Fratelli d’Italia: dal postfascismo al conservatorismo

Con la Kermesse per il decennale della fondazione il partito di Giorgia Meloni ha inteso confermare che essere di Destra non significa più guardare all'indietro, essere nostalgici del fascismo, ma guardare avanti e confrontarsi con altri su idee e progetti.

Fratelli d’Italia ha festeggiato dal 15 al 17 dicembre il decennale della sua fondazione. La ricorrenza non poteva capitare in un momento migliore per il Movimento di Giorgia Meloni che si vede prima forza politica dell’Italia, alla presidenza del Consiglio, “larga parte” del governo ed alla guida di regioni e comuni. Dieci anni fa nessuno pensava, sia tra i fondatori (con la Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa) che tra gli altri partiti che questo sarebbe stato possibile. Ma la realtà ha superato i sogni ed alla leader di FdI è riuscito quello che Gianfranco Fini ha mancato.

Ora il Movimento di destra, in base ai sondaggi, veleggia oltre il 30 per cento dei consensi, ben oltre il 26% conseguito alle elezioni politiche e la sua crescita sembra inarrestabile mentre gli avversari politici si trovano a quote molto più basse. Continuerà questa luna di miele con gli italiani o, come è accaduto ad altre forze politiche (FI, PD, M5S e Lega) conoscerà un declino? E’ presto per dirlo. Saranno l’attività di governo e le mosse dei prossimi mesi a darci segnali abbastanza precisi. Per ora limitiamoci ad analizzare questo nuovo fenomeno politico che, all’atto della sua fondazione, appena dieci anni fa, navigava al di sotto del 2 per cento dei consensi ed ora è il primo partito italiano.

A sinistra sono in molti a considerare FdI una forza neofascista o post-fascista. E su questa convinzione hanno fondato la loro campagna elettorale che ha portato alla sconfitta (l’unico che può dirsi vincitore è Giuseppe Conte, ma i pentastellati hanno solo attenuato la sconfitta perché anche i loro consensi si sono dimezzati rispetto alle elezioni politiche del 2018).

A 77 anni dalla sconfitta del fascismo e dall’uccisione del suo fondatore, Benito Mussolini, gli eredi di quella ideologia si sono pian piano allontanati dalle origini. Si è partiti dal reducismo e dalla nostalgia del vecchio MSI, per poi passare con Giorgio Almirante al MSI-DN, con l’apertura del partito (quello sì neofascista) a forze liberali e monarchiche. Il passo successivo è stato compiuto da Fini, con la “svolta di Fiuggi” (1995) che significò, con la fondazione di AN, “l’abbandono della casa del padre” per intraprendere un nuovo cammino nel solco della democrazia e della dialettica tra i partiti. Ma l’allora leader di Alleanza Nazionale fece successivamente due errori. Il primo confluendo nel PDL voluto da Silvio Berlusconi ed il secondo con la fondazione di Futuro e Libertà che cercò di traghettare dal mondo di destra in quello più indistinto dei centristi e dei tecnocrati (Mario Monti), il che significò la bruciante sconfitta della sua formazione politica nelle elezioni politiche del 2013 ed alla sua scomparsa dalla scena politica.

Pochi mesi prima del voto anche Giorgia Meloni insieme con un manipolo di “volenterosi” era uscita dal Pdl, non spostandosi come Fini verso il centro, ma rivendicando orgogliosamente un ruolo per la destra italiana. Fu una scommessa che i fatti dimostrano essere stata vincente. Ma oggi essere di destra non significa più guardare all’indietro, di essere nostalgici del fascismo (anche se nelle fila di FdI ce n’è più di qualcuno), ma di guardare avanti e di confrontarsi con gli altri su idee e progetti. Quindi Fratelli d’Italia è diventato un moderno partito che potremmo definire “conservatore” (così lo ha definito anche Crosetto, attualmente ministro della Difesa). Ed in ambito europeo nel Parlamento UE, FdI guida per l’appunto il gruppo dei “conservatori”. Ma essere conservatori non significa, per la Meloni, essere tra i paladini della destra economica. Tutt’altro. Per la presidente del Consiglio vuol dire lottare per conservare tutto quello che, a suo giudizio, costituisce la base di uno Stato. Quindi il senso della comunità, della famiglia, dei valori tradizionali e patriottici.

Da qui la sua battaglia per non annacquare l’italianità nel magma europeo, oggi più una comunità finanziaria ed economica che culturale e politica. Come ha più volte sottolineato, non vuole “più Europa in Italia, ma più Italia in Europa”. Da qui anche la nuova dizione di alcuni ministeri, come quella del “made in Italy” per l’ex Ministero dello Sviluppo economico.

Nel contempo, però, Fratelli d’Italia non dimentica le sue origini di “Destra sociale”. Da qui la difesa del lavoro, l’attenzione verso gli strati più poveri della popolazione e verso la piccola e media borghesia. E non contrasta questa sua attenzione con la volontà di cancellare, sia pure gradualmente, il reddito di cittadinanza. Per Meloni si tratta di una misura meramente assistenzialistica che, come applicata, non porta a cercare un lavoro, ma ad adagiarsi in una carità pelosa. L’assistenzialismo, per la destra sociale, non deve essere cancellato, ma destinato solo a chi non è in grado di lavorare o per infermità o per età.

In conclusione, in Italia abbiamo un “Partito conservatore” di nuovo conio, ovvero con forti connotati sociali. Un esperimento non del tutto nuovo nel mondo, ma per l’Italia sì.

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