Crac Silicon Valley Bank, cosa sta succedendo

Analista Longo: "Crisi circoscritta, rischio contagio contenuto". Sapelli: "Faro su crac ma incomparabile con Lehman"

Le operazioni della Silicon Valley Bank (Svb), la sedicesima banca degli Stati Uniti, che è stata chiusa venerdì dalle autorità di regolamentazione dopo che le sue azioni sono crollate, riprenderanno lunedì, con la Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic) degli Stati Uniti in carica. Tutti i depositanti assicurati avranno “pieno accesso” ai depositi “assicurati” entro lunedì mattina e gli assegni ufficiali “continueranno a essere liquidati”, ha affermato la Fdic. L’assicurazione sui depositi, secondo la definizione della Fdic, significa che i depositi sono assicurati fino a 250.000 dollari per depositante, per banca assicurata dalla Fdic, per categoria di proprietà.

La mossa è arrivata dopo che la banca, con sede a Santa Clara, ha annunciato, mercoledì scorso, di aver perso 1,8 miliardi di dollari nella vendita di buoni del tesoro statunitensi e titoli garantiti da ipoteca in cui aveva investito, a causa dell’aumento dei tassi di interesse. La banca stava anche affrontando una contrazione dei depositi mentre l’industria tecnologica lottava. Ne è seguito il panico, che ha portato il prezzo delle azioni a salire bruscamente e ha innescato la corsa alla banca che detiene 210 miliardi di dollari di attività.

L’ANALISI – “Per ora la crisi di Silicon Valley Bank sembra essere qualcosa di circoscritto e contenuto. E’ una banca che capitalizza 6 miliardi, quindi molto poco e non è una banca sistemica, quindi non dovrebbero esserci timori di contagio” spiega all’Adnkronos Vincenzo Longo, premium manager di Ig, commentando il crac di Svb e gli effetti che si sono visti sui mercati, negli Stati Uniti come in Europa, sul finire della settimana.

“Sono mesi che ci siamo abituati a vedere il settore delle crypto e le realtà che lavorano sulle crypto sotto pressione”, ricorda Longo, rassicurando però sul fatto che “gli istituti più grossi ovviamente hanno una natura di ricavi molto diversificata, per cui è difficile che l’impatto di un singolo asset possa mettere in ginocchio l’istituto stesso”. E anche “l’esposizione di alcune realtà a questa banca sono contenute a qualche centinaio di milioni di dollari”, ma “il punto è vedere se altre realtà possono avere lo stesso problema” di Silicon Valley Bank.

E così “la paura per il ‘caso Svb’ ha contribuito ieri e in parte della seduta di giovedì a far scendere i mercati in un contesto già particolarmente teso per la politica monetaria, diventata sempre più aggressiva, con l’approccio del rialzo dei tassi da parte della Fed che pare non si fermerà quest’anno”.

Quindi attenzione a ritenere che la scarsa performance delle borse in chiusura della settimana sia dovuta solo al crac di Silicon Valley Bank, si tratta piuttosto di un “effetto combinato che ha portato anche gli istituti principali statunitensi a risentire del caso di Svb, però – rassicura il premium manager di Ig – il rischio contagio è veramente contenuto al momento ed è più l’insieme di più fattori, come anche il rialzo dei tassi della Fed, che va a innervosire un clima già particolarmente teso”.

Anche se è “molto prematuro” temere una crisi come quella del 2008, i “rischi a livello sistemico” ci sono, anche se non “riguardano Svb o in generale il settore bancario, che al contrario con questa dinamica di rialzo dei tassi vede margini sicuramente più favorevoli. Il punto – evidenzia l’analista – arriva dall’economia reale in affanno, perché il contesto sta diventando restrittivo e molte di queste realtà devono ri-scadenzare dei debiti a tassi decisamente più elevati, perché da un anno a questa parte è cambiato il mondo. E questo può far finire in ginocchio molte aziende, rischiando di far diventare poi insolute le esposizioni delle banche e facendo tornare in essere in questo contesto una parola che abbiamo imparato in questi ultimi dieci anni: ‘non-performing loan’. E’ questo forse l’effetto più perverso di un rialzo dei tassi così importante”, conclude Longo.

Osserva all’Adnkronos l’economista Giulio Sapelli: “Direi che bisogna stare a guardare con attenzione i dati di bilancio e le dichiarazioni nei prossimi giorni. Ma è assolutamente incomparabile con il crollo della Lehman Brothers”.

“Stiamo calmi, non gridiamo al lupo altrimenti alimentiamo la spirale” avverte Sapelli rimarcando che “adesso abbiamo degli strumenti che all’epoca non avevamo, ovvero, una convergenza delle banche centrali di fronte a queste crisi e ancora la banca Internazionale dei pagamenti che si muove. Poi so che sono stati messi in atto strumenti di controllo interno come la Federal Deposit Insurance Corporation. Sono strumenti che rappresentano degli ammortizzatori”.

“Certo è che la leva finanziaria nel settore hi-tech era arrivata alle stelle ma appena arriva un vento contrario, come pare ci sia, che inizia dalla Cina, visto che Xi Jinping li ha indeboliti, le cose non vanno molto bene”, sostiene a proposito dei giganti tecnologici cinesi.

“Devo dire però che in questi anni si sono fatti molti passi avanti nel governo delle crisi finanziarie, quindi penso stiano già lavorando a questa crisi”, aggiunge l’esperto. Quanto ai riflessi sui titoli bancari nelle borse commenta: “Certo, tutti sono esposti su questi titoli, era l’investimento consigliato da tutti, probabilmente se cominciassimo a ripensare gli investimenti nell’ottica del risparmio piuttosto che sull’aumento del rischio per far guadagnare soprattutto le banche, andrebbe meglio ma è un circolo vizioso e ci vuole molto per interromperlo”.

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