Putin rischia l’arresto? Cos’è la Corte penale internazionale e cosa fa

La Russia non riconosce il tribunale con sede all'Aja. Cosa succede se il presidente russo viaggia all'estero

Vladimir Putin rischia l’arresto dopo il mandato emesso dalla Corte penale internazionale? La Russia non riconosce in tribunale con sede all’Aja ma il presidente, accusato per la deportazione di civili dall’Ucraina, sostanzialmente è al sicuro nel territorio russo mentre rischia formalmente l’arresto se varca i confini nazionali.

La Corte penale internazionale (Cpi) si esprime su crimini di gravità assoluta per la comunità internazionale: genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. La base legale della Corte, che ha sede all’Aia, è costituita dallo Statuto di Roma, adottato nel 1998 ed entrato in vigore nel 2002. La Corte esprime la volontà degli Stati contraenti, tra cui non c’è la Russia, “a porre termine all’impunità degli autori di tali crimini contribuendo in tal modo alla prevenzione di nuovi crimini”.

La competenza della Corte viene sancita quando uno stato ratifica dello Statuto oppure quando formalizza la propria posizione con una dichiarazione ad hoc, come quella sottoscritta dall’Ucraina per i crimini commessi sul suo territorio dal 2013.

Il mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi) contro Vladimir Putin per “la deportazione illegale” di bambini ucraini “ha più che un valore simbolico: è un altro tassello per indebolire” il presidente russo e la sua immagine in patria e all’estero, spiega Cuno Tarfusser, ex giudice italiano della Cpi, all’Adnkronos. Si tratta di “una sanzione giudiziaria, una spada di Damocle giudiziaria che si aggiunge alle sanzioni economiche ed al voto all’Onu a larga maggioranza ci condanna della guerra”.

Il mandato emesso dalla Corte “non ha solo un valore simbolico – sottolinea il magistrato – ha sicuramente un valore di accertamento giudiziario che crimini di guerra sono stati commessi, con un timbro giurisdizionale” dopo mesi di indagine condotte dai giudici dell’Aja. E’ invece simbolico “dal punto di vista dell’esecutività”, non avendo la Russia ratificato lo Statuto di Roma che ha istituito la Corte. “Ma anche questo – spiega – ha una limitazione nel fatto che lo spazio di manovra di chi è colpito dal mandato si restringe ulteriormente: Putin non potrà uscire dai confini russi senza rischiare di essere arrestato e consegnato all’Aja“.

Il presidente russo rischia nei 123 Paesi che hanno ratificato lo Statuto, chiarisce Tarfusser, ma anche in quelli che non lo hanno fatto, in base “al principio di cortesia diplomatica”. “Se fossi in Putin – commenta – non andrei in quei Paesi che hanno votato all’Onu la risoluzione di condanna ma non hanno ratificato lo Statuto. E tutto questo non fa che indebolire Putin e la sua immagine”.

Il magistrato cita il caso dell’ex presidente sudanese Omar al Bashir, che lui stesso ha seguito quando era giudice all’Aja: “Man mano che passavano gli anni è rimasto confinato nel suo paese, ogni volta che usciva lo abbiano sempre seguito e questo crea debolezza all’interno del paese, non rafforza né l’immagine né il potere”.

Anche il presidente russo “avrà intorno qualcuno che non lo sostiene”, commenta Tarfusser, che chiosa: “Certo non sarà possibile mandare qualcuno in Russia per arrestarlo e consegnarlo all’Aja, ma in mezzo c’è un ampio ventaglio di possibilità”.

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