Venezia 75, giorno 4: Suspiria, Peterloo e Una Notte di 12 Anni, recensioni

Al Lido è il giorno di Luca Guadagnino, insieme a Mike Leigh e la storia di Pepe Mujica e di altri due prigionieri politici urugayani

Dakota Johnson interpreta Susi in Suspiria

A Venezia oggi è stato il giorno di Luca Guadagnino e del suo Suspiria, presentato oggi insieme a Peterloo di Mike Leigh e a 12 Anni, il racconto della lunghissima prigionia dell’ex presidente dell’Uruguay Pepe Mujica e di altri due prigionieri politici uruguaiani.

Suspiria, in uscita il prossimo 2 novembre, è una rilettura di Luca Guadagnino dell’omonimo film di Dario Argento. E il paragone fra i due film sta proprio solo nel nome: il regista ha infatti cambiato molto della sceneggiatura originale in quello che fin da subito aveva definito come un omaggio al film originale.

Siamo nella Berlino del 1977, per strada i cortei pro e contro la RAF, la Rote Armee Fraktion, il gruppo terroristico di estrema sinistra fondato da Andreas Baader, Ulrike Meinhof, Gudrun Ensslin e Horst Mahler. Patricia, un’aspirante ballerina della scuola di danza berlinese, si reca dal suo psicoterapeuta, il dottor Ebersdorf, in uno stato di profondo choc gli racconta cosa avviene di nascosto nella scuola di danza della compagnia di Helena Markos.

Quasi contemporaneamente l’americana Susie arriva alla compagnia e prende il suo posto in residenza, qui incontra il suo massimo idolo, Madame Blanc, la direttrice artistica della squadra. Fra visioni, sensazioni, sospiri che in parte ricordano l’originale pur distanziandosi largamente, Susie continua la sua ascesa nella scuola e nel “sabba” di maestre di danza che sembra essere al centro di un’oscurissima attività di stregoneria legata alla scuola. 

Pur essendo un fan del film di Dario Argento, Guadagnino l’ha stravolto, del film originale è rimasto solo il titolo. Trascinato da una grandiosa Tilda Swinton, nei panni di un’algida e fredda Madame Blanc, Suspiria pecca di eccessiva lunghezza – un problema comune a molti film quest’anno in programma al Festival – e non brilla anche a causa della sua protagonista.

Anche Peterloo, ultimo film di Mike Leigh, pecca di eccessiva lunghezza e ridondanza, ed è un peccato perché rappresenta comunque un ottimo film, soprattutto nella sua seconda e ultima parte. Al centro del film, un’Inghilterra lontana eppure molto simile a quella odierna. Siamo nel 1819 e sono tantissime le vite che s’incrociano e seguono i discorsi sull’eguaglianza dell’oratore Henry Hunt. 

Il 16 agosto del 1819 una folla di 80mila persone si riunisce a St. Peter’s Field per sentire le sue idee “rivoluzionarie”: semplici contadini, future suffragette, reduci delle battaglie napoleoniche saranno tutti vittima dell’esercito inglese. Centinaia di feriti e undici morti in un comizio politico inglese che cambiò per sempre la storia della Gran Bretagna.

Al centro di Una Notte di 12 Anni – La Noche de 12 Años tre vite di prigionieri politici del regime militare in Uruguay: lo scrittore e poeta Mauricio Rosencrof, l’ex ministro della Difesa Eleuterio Fernández Huidobro e forse il più celebre di tutti, Pepe Mujica, l’ex presidente dell’Uruguay. 

Dodici lunghissimi anni di prigionia, ridotti in condizioni in cui sopravvivere è difficilissimo, ogni giorno la loro resistenza fisica e psichica è messa a durissima prova. Ogni giorno di prigionia è ben visibile sui loro volti e corpi, privati di tutto, per fino della parola fra loro o con altri secondini.

Il loro destino è comune ad altri sei prigionieri politici Tupamaro, dislocati in altre prigioni del Paese, a centro di 12 Anni la forza d’animo di tre uomini, ridotti ai minimi termini, ma che non riescono a perdere la sperenza. Al regista uruguiano Brechner interessava portare sullo schermo le storie di questi uomini straordinari:

Una notte di 12 anni è, in primo luogo, una discesa negli abissi mostra come, nel corso di 12 anni, tre uomini siano stati gradualmente privati di ogni attributo umano, sottoposti a un processo di abbruttimento fisico e di spersonalizzazione, volto a privarli della ragione e, in ultimo, a distruggerne ogni capacità di resistenza fisica e morale, costringendoli a reinventarsi dalle ceneri della propria umanità per affrontare e superare prove di inconcepibile crudeltà”.

E così è stato dopo i 12 anni di prigionia, una volta liberi Pepe, Ñato e Ruso riprenderanno il filo delle proprie vite con delle ferite indescrivibili dentro. Buona regia, bellissima fotografia e tre ottime interpretazioni (lo spagnolo Antonio La Torre nelle vesti di Pepe Mujica, l’uruguiaano Alfonso Fort in quelle di Ñato) rendono 12 anni una piccola perla.

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