“Nei nostri centri di ascolto (della Chiesa italiana, ndr) nel 2021 i contatti erano stati 48, nel 2022 sono passati a 374″. E’ il dato fornito da monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, nel corso del convegno “Abusi sui minori. Una lettura del contesto italiano 2001-2021″ all’ambasciata di Italia presso la Santa Sede.
I centri di ascolto delle diocesi
Si tratta dei numeri evinti dai “centri di ascolto che hanno possibilità di accesso fisico o telefonico”. Ma non tutti sono abusi veri e propri. Monsignor Baturi spiega che in molti “chiedono informazioni, per esempio sui centri di assistenza, oppure segnalano casi ma la segnalazione, stiamo attenti, non sostituisce l’accesso diretto agli ordinari diocesani. Dunque una persona che vuole segnalare un caso può andare dal vescovo oppure sceglie, talvolta, di riferirsi a questi centri di ascolto però non sono strutture giudiziarie”.
Dopo gli abusi rivolgersi al vescovo o alla magistratura?
Ma chi telefona o chiede informazioni, poi riceve l’indicazione di rivolgersi al vescovo o alla magistratura? Per il presule i “soggetti sono liberi naturalmente, noi abbiamo scritto nelle linee guida che i contatti con l’autorità giudiziaria o l’ordinario diocesano in ambito ecclesiale, non limita in alcun modo la libertà di rivolgersi anche all’autorità statale, la persona è libera di rivolgersi alla Chiesa o allo Stato”.
Al 2022 più di 600 casi di abusi sessuali
Il 17 novembre 2022, per la presentazione del primo rapporto sugli abusi, Cei ha rivelato la presenza di 613 fascicoli riguardanti casi di abuso depositati al Dicastero per la Dottrina della fede, di cui fino a oggi non si è saputo nulla. Ma non si è deciso di andare indietro di oltre 20 anni. Per il presidente della CEI, il cardinale Matteo Zuppi, così “si evita il rischio di basarsi su delle proiezioni”. Ma è chiaro che così si escludo una marea di casi.