Al Festival d’Oriente il Canto Indiano Khayal di Supriyo Dutta

Alla Fiera di Roma, oggi alle 16,30, Padiglione 6, un evento unico nel suo genere improntato all’approfondimento del canto indiano Khayal

Nell’ambito del Festival d’Oriente l’Unione Induista Italiana, presente alla Fiera di Roma con un apposito spazio dedicato alla cultura millenaria di appartenenza, è lieta di presentare un evento unico nel suo genere improntato all’approfondimento del canto indiano Khayal. Ad esibirsi sul palco allestito all’interno del Padiglione 6, oggi 1 Maggio alle 16,30, sarà il M° Supriyo Dutta, un eccellente vocalista, versato nelle sottigliezze del Khayal (il più importante genere di canto classico della musica Indostana) propenso ad un approccio analitico, capace di fornire ai propri interlocutori sia elementi basilari che sottigliezze della musica classica indiana. Ad accompagnarlo saranno Federico Sanesi alle percussioni tabla e Igor Orifici al flauto bānsurī.

Oltre al concerto, il trio offrirà una serie di dimostrazioni ed esercizi secondo un metodo di insegnamento orale, nel quale con la guida del maestro Supriyo Dutta sarà possibile conoscere in maniera pratica e agevole i suoni fondamentali dell’ottava musicale indiana e la struttura di alcuni rāga (‘ciò che tinge di colore l’essere’), le forme melodiche classiche indiane. Si presterà particolare attenzione alla tecnica di emissione vocale (supportata da esercizi propedeutici e di respirazione mutuati dal pranayama) e all’intonazione pura della gamma di suoni sullo sfondo di un bordone, intessendo poi composizioni, variazioni ed improvvisazioni basate su peculiari cicli ritmici.

Khayal significa letteralmente ‘immaginazione’ e prevede un altissimo livello di improvvisazione e ricerca espressiva legata a specifici contenuti emozionali. Partendo da atmosfere solenni, meditative, romantiche, inizialmente in tempo libero, il Khayal giunge gradualmente all’articolazione del tempo in composizioni con figurazioni melodiche e ritmiche, sempre rispettando le regole del rāga e intrecciandosi con il complesso linguaggio ritmico del tabla (percussione principale della musica indostana). Il Khayal è patrimonio di tradizione orale antica e ricca di contenuti letterari, poetici, linguistici e filosofici.

Il canto Khayal e lo stile di Indore: note storiche
La forma di canto classico conosciuta come Khayal (termine arabo-persiano che significa ‘fantasia, immaginazione’) è un genere altamente evoluto della musica classica indiana, e il più diffuso oggi. Derivando dal Dhrupad e dal Dhamar, tra i più antichi generi musicali in uso e aventi origine nei templi indù, esso ha mantenuto quei fondamenti unici della tecnica vocale e della filosofia del suono indiane, conosciuta come nada-yoga, elaborandone la fluidità e la complessità ritmica e melodica. La disciplina si trasmette da guru a discepolo con il sistema di trasmissione orale attraverso i secoli in un processo di ‘innovazione nella tradizione’, integrando alcuni elementi delle culture assimilate dalla tradizione indiana (soprattutto la poesia e la musica arabo-persiana).

Il khayal è una forma di canto particolarmente romantico, sia per gli abbellimenti della forma musicale, sia per le liriche a cui fa riferimento il repertorio. Il verso poetico (in lingua Hindi, Brajvasi, Avadhi, ecc… ) è particolarmente importante anche se la parola diviene, ai fini musicali, materiale quasi astratto e può essere alternata da solfeggi e frequenti vocalizzi.
Il Bhara khayal è l’esecuzione di composizioni basate su cicli ritmici in tempo molto largo (il canto è accompagnato dal tabla, strumento a percussione molto espressivo con un importante ruolo solista), e prevede una padronanza dell’intonazione, del tempo e del fraseggio tale da evocare profonda introspezione, magnificenza e sorpresa. Il Chota khayal è invece più veloce e fa riferimento a schemi molto dinamici del tipo tema-variazione, con un uso sorprendente di rapide figurazioni melodiche all’interno dei cicli ritmici e nel raggio delle tre ottave. La musica strumentale fa riferimento sia al khayal che al dhrupad, in quanto i grandi maestri hanno trasmesso entrambi i generi, facendo evolvere stili diversi.

 

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