Breve storia di un’eccellenza romana: l’ospedale Spallanzani

Le tappe che hanno reso l’INMI uno degli ospedali più importanti al mondo per la cura delle malattie infettive

L’ospedale Spallanzani di Roma è tornato alla ribalta mediatica grazie all’emergenza del Coronavirus. Ma l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive – chiamato sinteticamente Spallanzani – per gran parte del ’900 ha avuto un ruolo molto importante nella prevenzione e diagnosi delle malattie infettive.

L’ospedale nasce nel 1936, in pieno periodo fascista. La struttura sorge assieme ad altri ospedali in un’area destinata già dalla giunta Nathan ad accogliere nuove strutture sanitarie. Assieme allo Spallanzani ci sono L’Ospedale del Littorio, oggi San Camillo, il sanatorio Cesare Battisti (oggi Villa Maraini) e L’Istituto sanatoriale Benito Mussolini, oggi il Forlanini.

Negli anni ’30, proprio a ridosso della sua apertura, viene aperta una sezione dedicata alla cura e alla riabilitazione della poliomielite. Negli anni ’70, l’ospedale si concentra sullo studio e sul contrasto dell’epatite B e nel decennio successivo inserirà tra le mission anche l’assistenza e la ricerca sulle infezioni causate dall’HIV.

 

Negli ultimi decenni lo Spallanzani ha ampliato il proprio raggio d’azione su nuove malattie infettive, spesso provenienti da altre parti del globo. È il caso della SARS nei primi anni 2000 o dell’ebola nel 2014. Oggi l’INMI è in prima linea nello studio e nel contrasto del Coronavirus, avendo accolto – e isolato il virus – di due pazienti cinesi provenienti da Wuhan.

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