Siamo ancora nella fase epidemica. La decrescita della curva “è positiva ma questo non toglie che abbiamo nuovi casi e dunque il virus è presente nel Paese”. Lo ha affermato il professor Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss), nel corso dell’audizione davanti alla commissione Affari sociali della Camera sulle iniziative volte al monitoraggio dei contatti interpersonali nell’ambito delle misure di contrasto dell’emergenza coronavirus. Un virus che “si diffonde nella stessa maniera in cui si diffondeva all’inizio e le modalità i trasmissione non sono cambiate”, ha aggiunto.
Per quanto concerne gli obiettivi della fase due dell’emergenza, Brusaferro ha spiegato che sono, innanzitutto, legati al contenimento “della diffusione del virus, poiché verrà eliminato solo quando avremo il vaccino; fare in modo che la quantità dei nuovi casi sia gestibile dal sistema sanitario; e monitorare i dati perché sono importanti per capire se le misure che prendiamo sono giuste per evitare la risalita della curva epidemica”.
La fase due “si può articolare attraverso tre gambe: il monitoraggio stretto per intercettare presto eventuali focolai; il garantire servizi e strutture per far fronte alle esigenze delle persone affette dal virus; e fare in modo che le altre attività sanitarie, limitate durante l’emergenza, riprendano” ha aggiunto precisando che il monitoraggio stretto “passa attraverso gli strumenti decisi dal ministero della Salute” e si elaboreranno “delle matrici di rischio”. Grazie a questo lavoro, su base settimanale, “si potranno valutare i contesti regionali e di conseguenza le misure da adottare”.
Brusaferro ha spiegato anche che “l’applicazione Immuni per tracciare i contatti dei nuovi casi positivi al coronavirus agevola e semplifica un lavoro che altrimenti andrebbe fatta manualmente attraverso l’intervista telefonica. “Tracciare le persone” per fermare la diffusione del virus “è fondamentale anche per capire che grado di libertà poter prendere nelle fasi successive”. Per il professore, al fine di sfruttare al meglio l’applicazione, “bisogna accompagnare questo percorso con piani di formazione” per gli operatori sanitari anche “per poter intercettare i possibili focolai e dunque intervenire precocemente