“Questa storia è costellata di falsi, da dopo il pestaggio e proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte di Cucchi. C’è stata un’attività di inquinamento probatorio che ha indirizzato in modo scientifico prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità e che sono state sottoposte a giudizio”. Lo ha affermato il pm Giovanni Musarò, in apertura di udienza del processo a carico di 5 carabinieri per la vicenda della morte di Stefano Cucchi.
“Quello che ha detto il carabiniere Fancesco Di Sano nell’udienza del 17 aprile è vero: la modifica dell’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi non fu frutto di una decisione estemporanea e autonoma di un militare ma fu l’esecuzione di un ordine veicolato dal comando di stazione, che a sua volta recepì un ordine dal comandante di Compagnia, che a sua volta aveva recepito un comando dal gruppo”, ha aggiunto il pm Giovanni Musarò.
Il pubblico ministero ha così motivato la sua decisione di depositare nuovi atti istruttori. “Solo così – ha affermato – si può capire il clima che si respirava in quei giorni e perché quella annotazione del 22 ottobre sia stata fatta sparire senza che nessuno ne parlasse per nove anni”, ha aggiunto il rappresentante della accusa.
Continuano intanto i colpi di scena. Ogni udienza del processo che per quella morte vede sul banco degli imputati cinque carabinieri, tre dei quali per omicidio preterintenzionale, riserva sorprese. In ordine, oggi: si è appresa la notizia di un nuovo filone d’indagine in cui s’ipotizza il reato di falso nei confronti di almeno sei persone, tra le quali anche il tenente colonnello Francesco Cavallo, all’epoca Capo ufficio Comando del Gruppo carabinieri Roma. Secondo quanto emerge dalle nuove carte sarebbe stato Cavallo a suggerire al luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza, di effettuare modifiche all’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi. Oggi, inoltre, c’è stata una fugace visita ‘a sorpresa’ in aula del ministro della giustizia, Alfonso Bonafede.