“Finché Salvini non farà dimettere Durigon, gli chiedo di non parlare più di mio fratello e non partecipare a cerimonie in via d’Amelio”. A due settimane dallo scoppio del “nuovo” caso Durigon e da quella proposta di intitolare il parco di Latina ad Arnaldo Mussolini invece che a Falcone e Borsellino, il “daspo” nei confronti del leader leghista arriva direttamente da Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992. Una presa di posizione netta, dura, volta a smuovere le acque che nessuno nella Lega – a iniziare dallo stesso Salvini – ha intenzione di increspare. Nella speranza che, passata la pausa estiva, si spengano i riflettori su quella che dalle parti di via Bellerio considerano una banale polemica ferragostana. Salvini, in realtà – come fatto oggi con l’apertura ai corridoi umanitari per donne e bambini afghani – aveva provato ieri a correggere il tiro del suo sottosegretario (che da giorni evita con attenzione la ribalta pubblica) e pur difendendolo (“Durigon è bravissimo e nella Lega non c’è alcun nessun nostalgico”) aveva però scandito la propria condanna al regime: “Fascismo e comunismo sono stati sconfitti dalla storia fortunatamente, siamo in democrazia e continueremo a viverci – aveva detto a Radio 24 -. Quel parco a Latina è stato per decenni intitolato al fratello di Mussolini, quindi non è nulla di nuovo ma non ci interessa il ritorno al passato. Siamo nel 2021, diritti e libertà non si toccano”.
Ma non è bastato: “Se non fosse una cosa reale, sembrerebbe una barzelletta – si rammarica infatti oggi Salvatore Borsellino dalle colonne de Il Fatto – È uno sfregio alle vittime di mafia e a noi familiari che ogni giorno proviamo a tenerne viva la memoria”, colpisce duro su un tema come la lotta alla mafia da sempre baluardo di Salvini (che del magistrato è arrivato persino a indossare il ritratto sulla mascherina). E dunque, Borsellino, allunga oggi la lista di chi invoca una cacciata dal Governo di Durigon. In attesa di un suo passo indietro, di una moral suasion di Draghi o della revoca delle deleghe da parte del ministro Franco. Tutto ciò non avvenisse, come annunciato già a inizio agosto, è pronta la mozione di sfiducia dei 5 Stelle che – ad oggi – raccoglierebbe i voti di Pd e Leu.