Licenze in bianco, prestanome, e nessun controllo da parte dell’amministrazione capitolina sul regolamento comunale che stabilisce la turnazione per gli ambulanti nelle aree più redditizie della Capitale. Sarebbero questi i modi attraverso i quali – funzionari del Campidoglio, sindacalisti, politici e membri della famiglia Tredicine – gestivano le autorizzazioni del commercio in strada a Roma. A scriverlo oggi è il dorso locale del Messaggero che riporta gli atti dell’inchiesta sul racket dei permessi per le bancarelle.
Secondo i magistrati, i venditori non ruotavano seguendo un calendario prestabilito ma sarebbero stati “costretti a subire le modifiche alle previsioni turnarie mensili secondo quanto stabilito dal Dipartimento Vili di Roma Capitale”. Il cui dirigente, Alberto Bellucci, insieme a Fabio Magozzi sono sotto inchiesta, perché secondo il gip il dipartimento “d’accordo con le predette organizzazioni sindacali, effettuerebbero illegittimamente i cambi di postazione”, assegnando i banchi più redditizi a chi accetta di pagare tangenti.
Durante le indagini, gli investigatori hanno anche ritrovato copia di centinaia di autorizzazioni sospette: “Non recano numeri di protocollo – si legge nel decreto – né firme dei dirigenti comunali”.