Sono sei gli arrestati nell’ambito dell’operazione contro il caporalato a Latina. Due di loro sono donne che reclutavano e sfruttavano stranieri centrafricani e rumeni, tramite una società cooperativa con sede a Sezze (LT), distribuendo illecitamente la loro manodopera a centinaia di azienda agricole che avevano monopolizzato il settore nelle provincie di Latina, Roma, Frosinone e Viterbo.
Oltre ai sei arrestati, vi sono ulteriori 50 indagati, tra cui imprenditori agricoli, commercialisti, funzionari ed esponenti del mondo sindacale, che avrebbero dovuto vigilare sulla legalità nel mondo del lavoro e tutelare i lavoratori. La misura cautelare ha raggiunto, tra gli altri, un sindacalista ed un ispettore del lavoro operanti nella provincia di Latina.
Migranti costretti a lavorare 12 ore al giorno e a iscriversi al sindacato. Il tutto a fronte di una retribuzione inferiore alla metà rispetto a quella prevista dal contratto collettivo nazionale e all’ubbidienza di regole disumane senza la garanzia dei più elementari diritti. L’obbligo di iscrizione al sindacato, dietro la minaccia del licenziamento, veniva fatta affinché quest’ultimo “percepisse non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione”. I migranti venivano trasportati nei campi a bordo di pulmini sovraffollati, privi dei più elementari sistemi di sicurezza. Il sistema era retto anche grazie alla copertura di esponenti sindacali e dell’Ispettorato del lavoro infedeli.
L’indagine ha avuto inizio alla fine del 2017, a seguito dei interventi disposti dal Servizio Centrale Operativo nell’ambito dell’operazione ad alto impatto denominata “Freedom”, finalizzata al contrasto del preoccupante fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro. Tali controlli hanno permesso di rilevare la presenza in alcune zone della città, nelle primissime ore della mattinata, di folti gruppi di stranieri in attesa di pulmini per essere trasportati nei campi. I poliziotti hanno potuto accertare che i braccianti provenivano anche dai centri di accoglienza straordinaria ed erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Le indagini di natura patrimoniale hanno portato al sequestro di 5 abitazioni, 3 depositi, 3 appezzamenti di terreno, 9 autovetture, 36 tra furgoni e camion, 1 società cooperativa, 4 quote societarie e numerosi rapporti bancari, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro.