Covid: a Centocelle, cluster al nido, 60 persone in isolamento

Ma un evidente problema di comunicazione tra azienda sanitaria e cittadini. La chat di class più "aggiornata" sul cluster rispetto alla Asl

Nido a Roma

Dieci positivi, venti famiglie in quarantena, per un totale di almeno sessanta persone in isolamento: è il bilancio di un cluster all’interno di un nido comunale a Centocelle. E i numeri – vista l’abolizione del “sistema a bolle” nelle strutture educative per la fascia 0-3 anni – potrebbero ancora aumentare. Lo riferisce ‘’La Repubblica’’ rilevando che tutto è  cominciato la mattina di venerdì 17 settembre, quando alcuni bimbi sono stati rimandati a casa per un po’ di muco dalle educatrici.

Fin qui ordinaria amministrazione: in tempi di Covid la prudenza non è mai troppa, e basta uno starnuto per richiamare i genitori. Qualche ora dopo, nel pomeriggio, si alza la febbre a un altro piccolo studente che risulta positivo.

Poi nel week end la temperatura sale anche a un altro compagno, e cosi via, a cascata: a mano che le famiglie fanno il tampone, emergono nuovi casi. Oggi, tra i bimbi della classe si contano cinque positivi, a cui si aggiungono due educatrici che si sono positivizzate in questi ultimi giorni e tre genitori.

Curiosamente, la chat di classe nella quale, in questi giorni, tutte le famiglie comunicano il loro stato di salute e esito dei test, è più “aggiornata” sul cluster rispetto alla Asl, alla quale fino a ieri, risultavano ancora solo cinque casi: i tre bambini e le due educatrici.

Un effetto “sfilacciato”, che da una parte mostra le falle del contact tracing, dall’altra mette in luce un altro fenomeno. «Se non ci risultano dei casi vuoi dire che le famiglie non hanno comunicato la positività durante l’indagine epidemiologica, preferiscono gestire lutto da soli, farsi gli affari propri», spiega una fonte della Asl.

Ma c’è un evidente problema di comunicazione tra azienda sanitaria e cittadini: «Sono positivo, ma nessuno della Asl mi ha mai contattato, io ho solo parlato con il mio medico», è la replica di un genitore. A pesare sulla situazione è anche l’abolizione delle “bolle” (e cioè i piccoli gruppi di lavoro fissi che hanno scandito, nei nidi e alle materne, lo scorso anno scolastico) disposta dalla Regione settembre.

Una disposizione che non è andata giù ai pediatri, che da settimane protestano per la loro reintroduzione. Da quando, cioè, i loro studi si sono cominciati a riempire di bambini con sintomi riconducibili al Covid, non tutti positivi è chiaro, ma per i quali si è comunque dovuto disporre di un tampone nasale, vissuto come un incubo dai più piccoli.

I medici della Fimp (Federazione pediatri) hanno registrato un aumento del 15% di riniti e raffreddori, proprio in virtù del fatto che i bambini stanno molto più “ammassati” rispetto allo scorso anno.

«È necessario reintrodurre il sistema a bolle, senza rischiamo di tornare indietro», denunciava Teresa Rongai, segretaria per il Lazio della Fimp, due settimane fa. Da quel giorno nulla è cambiato. Ma lo scenario, come mostra il caso del nido a Centocelle, è quello di lunghissime quarantene, per un elevato numero di studenti, e per giunta senza una regia affidata alle autorità sanitarie.

E le Asl, dal canto loro denunciano una situazione di grande affanno, tra personale in costante diminuzione a causa dei pensionamenti e chi resta ormai prossimo al burn out.

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