Cucchi: pm,’alcuni reticenti’. Superteste sarà in aula

Tedesco è anche imputato, fu il primo a parlare del pestaggio

Stefano Cucchi

L’imputato e teste chiave nel caso Cucchi alla sbarra il prossimo otto aprile per essere ascoltato. E per la prima volta in aula si assisterà alla testimonianza oculare del presunto pestaggio del detenuto trentenne. Francesco Tedesco, il carabiniere che con le sue dichiarazioni diede una svolta alle indagini sulla morte di Stefano, probabilmente ribadirà quanto aveva denunciato nel luglio scorso davanti al pm. Allora Tedesco puntò il dito contro gli altri due colleghi accusati come lui di omicidio preterintenzionale, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, raccontando di aver assistito al pestaggio del geometra poco dopo il suo arresto.

Una testimonianza che – secondo i familiari di Stefano – aveva fatto crollare quel “muro di omertà”, ma che non ha trovato finora altrettante ammissioni nel corso del processo, al quale in questi mesi si è affiancata un’inchiesta sui depistaggi e falsi documenti legati alla vicenda del giovane fin dal suo arresto. “L’atteggiamento reticente e non particolarmente collaborativo di alcuni testi è visibile”, ha tuonato il pm Giovanni Musarò nel corso del processo che vede come imputati i cinque carabinieri, tre dei quali accusati del presunto pestaggio. “L’obiettivo – ha aggiunto – non è fare un processo sui depistaggi, quello è un altro procedimento. Ma ci sono circostanze che rilevano in questo processo perché la prova davanti a questa Corte è stata condizionata da quei depistaggi”.

Musarò ha depositato nel fascicolo del dibattimento una serie di note riguardanti documenti su Cucchi, sottoscritte da ufficiali dell’Arma che nel corso del processo si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. L’ultimo dei quali è il tenente colonnello Francesco Cavallo, nel 2009 capo ufficio comando del Gruppo carabinieri di Roma, indagato per falso nell’ambito dell’inchiesta sui depistaggi. In aula sono però emersi altri dubbi su quanto successe il 4 novembre del 2015, quando il capitano Tiziano Testarmata (poi indagato nell’inchiesta sui depistaggi) si presentò presso la Compagnia Casilina per acquisire una serie di atti.

Il tenente Carmelo Beringheli, comandante del nucleo operativo della compagnia di Roma Casilina ha ribadito di avere invitato allora Testarmata a prelevare il registro del fotosegnalamento in originale. Ma il suggerimento non sarebbe stato accolto e di quel registro, dove il nome di Cucchi risultava sbianchettato, fu fatta solo una fotocopia. “Secondo me – ha detto Beringheli – quello che la magistratura cercava stava proprio in quelle carte che davano conto del passaggio di Cucchi dalla Compagnia” dopo il suo arresto. Resta cruciale anche il nodo sulle cause della morte del detenuto. La Corte d’Assise ha deciso di acquisire agli atti la perizia che era stata effettuata nell’ambito dell’altro procedimento, dove sono imputati i medici. Secondo il documento, si “permette di individuare quale causa del decesso del paziente Stefano Cucchi una morte cardiaca su base aritmica”. Tutto resta ora sospeso fino al prossimo otto aprile, quando in aula le parole di Tedesco potrebbero far rivivere – con il racconto di quegli attimi di violenza ancora da accertare – il momento più atroce dell’intera vicenda. E forse il più importante.

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