Dimissioni Conte: crisi sistema, verso governo per Recovery e voto

Difficile un terzo mandato. Probabile un esecutivo per l’accesso ai fondi Ue che porti poi alle elezioni. La crisi contagia il Campidoglio e la Raggi corre al rimpasto

Martedì 26 gennaio si è aperta ufficialmente la crisi di governo con le dimissioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, consegnate al Quirinale. È una crisi al buio ed il capo dello Stato, Sergio Mattarella, avrà il suo bel da fare per trovare una soluzione che non sia pasticciata. Con i partiti che da tempo sono impegnati, sia nella ex maggioranza che nel centrodestra, soprattutto nei “veti’’ piuttosto che cercare strade percorribili. Per raggiungere una stabilità politica, quanto mai necessaria per affrontare la doppia crisi, sanitaria ed economica, di cui non si intravvede una luce.

L’epilogo del Conte-bis, in effetti, non è giunto inaspettato. Da tempo Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha tolto il sostegno dei suoi gruppi parlamentari al governo, mordeva il freno e non lesinava critiche all’operato del premier, soprattutto sulle misure adottate o da prendere in materia di rilancio dell’economia e, se non fosse stato per il coronavirus che da un anno imperversa in Italia e nel mondo, la crisi sarebbe scoppiata già mesi fa.

Per i politici che si riconoscono nella maggioranza giallo-rossa e per molti commentatori politici, oltreché per una larga fetta di cittadini (secondo i sondaggi), si tratta di una crisi intempestiva ed improvvida, anche perché l’Italia dovrà presentare entro il 15 aprile il suo progetto di utilizzo dei fondi messi a disposizione dalla Ue mediante il “Recovery Plan“, ma ha buon gioco a replicare chi dice che il governo dimissionario non aveva la competenza necessaria per presentare a Bruxelles un piano particolareggiato di riforme ed interventi, come richiesto dall’Europa per  sdoganare i fondi (oltre 200 miliardi di euro) messi a disposizione del nostro Paese.

Una matassa aggrovigliata per  il Presidente Mattarella

Dunque il presidente della Repubblica è chiamato a dipanare una matassa aggrovigliata come non mai, anche perché l'”operazione responsabili” non sembra decollare e le differenze tra Conti e Renzi sembrano difficili da appianare. Dunque, appare difficile dare vita ad un Conte-ter ma, come si sa, in politica “mai dire mai”.

Una cosa comunque sembra certa. Con la pandemia ancora fortissima e con i tempi per il “Recovery Plan” sempre più stretti, non si potrà andare ad elezioni politiche anticipate prima di maggio-giugno. Quindi, se il Conte-ter non vedrà la luce, sarà necessario dare vita ad un nuovo governo che ci porti al voto e che stenda il piano richiesto dalla Ue per l’accesso ai fondi stanziati per la ripresa del Paese. In questo caso, potremmo avere, come nel 2018, un incarico affidato all’economista Carlo Cottarelli. Staremo a vedere.

E Roma? È sotto gli occhi di tutti che la crisi di governo si ripercuote anche sulla Capitale.  A maggio-giugno, come è noto, si dovrebbe andare alle urne per scegliere il nuovo sindaco ma, a causa delle turbolenze politiche nazionali, centrosinistra e centrodestra non hanno ancora scelto i loro candidati per il Campidoglio.

La sindaca Raggi accelera rimpasto, ma rischia scontro con Roberta Lombardi

Siamo infatti sempre fermi all’autocandidatura di Virginia Raggi per i cinquestelle e di Carlo Calenda, leader di Azione. Per il resto, buio totale. Comunque, anche nella Capitale si può parlare di crisi, sia pure strisciante, che interessa in particolare il M5S. Infatti, la sindaca ha proceduto, a pochi mesi dalla  scadenza del suo mandato, ad un ennesimo rimpasto di giunta rimuovendo due assessori (Luca Bergamo, che era anche vicesindaco, e Carlo Cafarotti) e sostituendoli con Andrea Coia, Lorenza Fruci e Pietro Calabrese (nuovo vicesindaco).

Il rimpasto, a giudizio di molti, rientra nella necessità della Raggi di affrontare la campagna elettorale (che lei ha già iniziato) con una squadra coesa ed i due rimossi non avevano risparmiato critiche all’autocandidatura della sindaca. È prevedibile, in questo contesto, che il dissidio tra le “primedonne” del Movimento a Roma, Virginia Raggi e Roberta Lombardi, capogruppo pentastellata alla Regione Lazio, possa esplodere.

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