Furti di identità per incassare titoli di credito: 11 arresti

Si presentavano negli uffici postali con documenti falsi

photo credit: pagina Fb carabinieri

Tra le province di Roma, Napoli, Siracusa e Cagliari i carabinieri hanno arrestato 11 persone (6 in carcere e 5 ai domiciliari) ed eseguito 3 obblighi di presentazione alla Polizia Giudiziaria a carico di 14 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa in danno dello Stato, ricettazione, possesso e fabbricazione di documenti falsi e sostituzione di persona. Le indagini – svolte dai carabinieri del Nucleo Operativo della compagnia Roma Casilina, sotto la direzione del Gruppo reati gravi contro il patrimonio della Procura capitolina – sono partite dall’arresto in flagranza di un uomo a Roma che si era presentato in un ufficio postale e, munito di documenti falsi, aveva cercato di incassare titoli di credito, poi rivelatosi oggetto di clonazione.

Nel corso delle indagini e degli approfondimenti i carabinieri hanno così scoperto una banda costituita da residenti nelle province di Roma e di Napoli specializzata nel procacciarsi falsi documenti di identità (detti “santini”) per incassare titoli di credito clonati o oggetto di furto. In diversi casi, sono stati accertati incassi di titoli di credito, che gli appartenenti alla banda avevano ottenuto presentandosi agli uffici postali in prima persona, sostituendosi di fatto ai beneficiari, grazie all’utilizzo di falsi documenti con le generalità di questi ultimi. In altri casi, quando i destinatari dei titoli di credito per caratteristiche di sesso ed età non potevano essere “sostituiti” dagli appartenenti al gruppo di truffatori, i sodali si avvalevano di terze persone che venivano ingaggiate di volta in volta per “interpretare” il ruolo del beneficiario; queste ultime, dopo essere state munite di falsi documenti, si presentavano presso gli istituti di credito e gli uffici postali, dove fingendo di essere i beneficiari dei titoli ponevano in essere le operazioni necessarie per il compimento delle transazioni. Tali soggetti, al buon esito delle operazioni, venivano ricompensati con delle percentuali sul profitto. In molti casi i titoli di credito che venivano presentati all’incasso erano rimborsi Irpef originali, oggetto di furto, mai pervenuti agli ignari destinatari, ai quali, la notizia di quanto accaduto a loro insaputa è stata fornita dai Carabinieri.

Dalle indagini è emersa la capacità del gruppo di “monitorare” sul territorio l’emissione di titoli di credito del valore nominale superiore ai 100.000 Euro, chiamati “dormienti” poiché emessi da diverso tempo e non incassati dagli aventi diritto, che detenevano il documento originale. I movimenti di denaro più consistenti venivano a loro volta indirizzati in più tranches a diversi conti correnti e carte ricaricabili realmente intestati a soggetti compiacenti o a persone inesistenti per i quali erano stati creati falsi documenti.

Gli accertamenti hanno inoltre consentito di verificare che i falsi documenti ed i titoli di credito di provenienza illecita venivano procurati dalla componente campana del sodalizio, mentre le operazioni di incasso venivano gestite – con i metodi sopra descritti – dalla componente romana prevalentemente in “postazioni” individuate nel Lazio, in Sicilia ed in Sardegna. Nel corso del breve periodo di attività investigativa, compreso in tre mesi di monitoraggio, sono stati presentati all’incasso titoli per oltre 500.000 euro, il cui esito non sempre è andato a buon fine, grazie all’intervento preventivo dei Carabinieri ed ai controlli posti in essere dagli istituiti di credito ed uffici postali. Tale dato, consente di ipotizzare la capacità del sodalizio, di movimentare somme ammontanti a diversi milioni di euro.

Uno dei destinatari dell’ordinanza è risultato percepire il reddito di cittadinanza per cui i carabinieri avvieranno la procedura amministrativa per la sospensione dell’erogazione dell’emolumento e per la successiva revoca. Gli arrestati, tutti uomini italiani tra i 25 e i 77 anni, sono stati portati nei carceri di Regina Coeli e Poggioreale e presso i propri domicili.

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