I test sierologici pubblici non sono ancora partiti

Sarebbero dovuti iniziare il 4 maggio ma solo ieri è iniziata la selezione del campione

Decisivi per capire la reale diffusione del Covid-19 nella popolazione, e così fare chiarezza su alcuni numeri dell’emergenza, ancora non c’è traccia dei test sierologici indicati dal governo come uno dei pilastri per la fase due e che avrebbero dovuto riguardare un campione statistico di 150 mila persone selezionate dall’Istat. Eppure proprio in questi giorni, secondo le aspettative del governo e del commissario all’emergenza, Domenico Arcuri, sarebbero dovuti arrivare i risultati di questa analisi epidemiologica fondamentale per avere la prima stima statistica sui contagiati totali nel nostro paese. Visto che ancora, a due mesi dall’inizio dell’emergenza, un numero non è stato calcolato. Era stato lo stesso Arcuri ad annunciare lo scorso 25 aprile la conclusione della gara per individuare l’azienda fornitrice dei test più affidabili sul mercato. Test che, sempre dalle parole del commissario, sarebbero dovuti iniziare “il 4 maggio” per avere i primi risultati “in qualche settimana”.

Di settimane da quella data ne sono passate due mai i test non sono ancora partiti ed anzi, solo ieri, inizieranno le telefonate della Croce Rossa per contattare i soggetti selezionati. Per farlo, “saranno impiegati operatori e volontari” ma comunque ci vorrà “almeno una settimana” se non di più visto che la “partecipazione non è obbligatoria”. Nessuna certezza poi per quel che riguarda l’avvio dei test veri e propri. Tempi lunghi, dunque, per poter avere una fotografia affidabile anche sulle percentuali relative al numero di persone decedute e guarite. Un ritardo dovuto, sempre secondo il commissario Arcuri, al “dialogo con l’Agenzia per la privacy” ed all’attesa per “una norma” specifica che è stata emanata solo sabato 9 maggio.

In attesa dell’avvio dei test ‘pubblici’ molte regioni si sono già organizzate facendo partire l’indagine su alcune categorie a rischio, come personale di sanitario e uomini delle forze dell’ordine, ed emendando delle ordinanze con le linee guida per poter effettuare i test sierologici privatamente e a pagamento, individuando anche le strutture autorizzate. Una possibilità già sfruttata da numerose aziende che vedono in questo strumento un modo per aumentare la sicurezza sui posti di lavoro. Non senza qualche rischio, poiché ogni soggetto positivo al test sierologico è poi obbligato all’auto isolamento in attesa di poter effettuare un tampone faringeo per verificare che la presenza di anticorpi non coincida anche con la positività al Covid-19. Attualmente le metodiche validate per la ricerca quantitativa degli anticorpi prodotti da un individuo sono la chemiluminescenza (Clia) e il metodo immunoenzimatico (Elisa). Discorso diverso per i test rapidi che si basano sulla tecnica di immunocromatografia e danno una risposta qualitativa della presenza o meno di anticorpi, in tempi molto brevi

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