Una struttura già chiusa e altre due che rischiano di fare la stessa fine. “Il blocco totale dei pagamenti da parte della giunta capitolina per le case famiglia, i centri per minori e altre realtà simili sta mettendo in ginocchio noi e molte associazioni del territorio”, denuncia a Famiglia Cristiana online Matteo Mennini, presidente di Bambinipiùdiritti onlus, che rappresenta una rete di associazioni (con capofila Virtus italia onlus e come partner su Subiaco la cooperativa Ceas e su Genazzano la cooperativa La Sonnina.
“La casa famiglia di Genazzano, che si occupava di minori stranieri non accompagnati l’abbiamo dovuta chiudere il 31 ottobre di quest’anno con undici minori dentro. E tutti i progetti che avevamo fatto per il cosiddetto accompagnamento all’autonomia dopo i 18 anni, quindi progetti di formazione e inserimento lavorativo, sono stati interrotti”. I minori, spiega il magazine cattolico, erano coinvolti nel progetto “Terra in vista” all’interno di una azienda agricola, con corsi di formazione sull’ambito turistico, produttivo, di allevamento, di agricoltura. “Purtroppo”, spiega ancora Mennini, “il Comune di Roma non ha pagato le rette pro capite al giorno dal 31 dicembre dello scorso anno. Non siamo quindi stati più in grado di sopportare le spese ordinarie quotidiane e abbiamo dovuto chiudere. La stessa cosa sta per capitare a Subiaco dove abbiamo venti minori suddivisi nelle due strutture. Il credito che abbiamo accumulato al 31 ottobre sono superiori agli 885 mila euro. Ragazzi che rischiano di dover lasciare la casa famiglia proprio alla vigilia di Natale”.
Nessun interlocutore a dare giustificazioni. “L’amministrazione capitolina non risponde”, dice ancora Mennini a Famiglia Cristiana, “non abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con l’assessorato ai servizi sociali ed è tutto in mano alla componente burocratica. E sul versante della ragioneria c’è il blocco totale su tutte le associazioni. Sembra quasi una operazione scientifica per far soccombere questa realtà sociale che a Roma si è sempre impegnata”.
E intanto, “con il decreto Salvini le cose peggiorano. I minori di cui ci occupavamo, con la chiusura della casa famiglia sono stati rimandati indietro nei centri di prima accoglienza, là dove si arriva all’inizio quando vieni segnalato dalle forze dell’ordine. I percorsi di inclusione sono stati completamente congelati, solo in pochi sono stati ricollocati in altre comunità. Lì stiamo cercando di riprendere i contatti per riprendere in mano il percorso formativo e scolastico, ma è un percorso in salita”.