“Da anni mi sono trasformato in un errante pellegrino proteso ad elemosinare un impianto funzionale per le esigenze della squadra, il Trastevere, che rappresenta il rione più bello del mondo. Un sindaco di una importante città della nostra regione presso il quale, con il cappello in mano, ero andato a mendicare un impianto, non voleva credere che nella Città Metropolitana di Roma non esistesse uno stadio adatto ad ospitare partite di serie C”. Lo sfogo via social di Pier Luigi Betturri, presidente del club che sta dominando il girone E della Serie D, appunto il Trastevere allenato dall’ex sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi, sta facendo discutere e dà la misura del problema della carenza d’impianti sportivi nella capitale d’Italia.
Il Flaminio appare ormai abbandonato a se stesso in attesa che qualcuno ci metta mano, e comunque è sottoposto a vincoli che impediscono modifiche e ampliamento della capienza, e altri impianti idonei non ce ne sono, situazione che non riguarda solo il calcio (basti pensare che un’altra realtà storica di Roma come la Stella Azzurra del basket è costretta a giocare le sue partite in casa a Veroli, in provincia di Frosinone), e il Trastevere in caso di promozione in Serie C dovrà per forza di cosa emigrare.
“Lo confermo, e purtroppo non ci sono dubbi – dice Betturri -: il Trastevere in caso di promozione, il prossimo anno, sarà obbligato a giocare fuori del territorio comunale, perché Roma non possiede, a parte l’Olimpico, un altro impianto omologato per la disputa di partite di serie C. E dico anche – aggiunge – che questo costituisce uno stupro sportivo nei confronti della società rionale e uno schiaffo alla città della Grande Bellezza”.
Ma non era stato individuato, come possibile soluzione, lo stadio degli Eucalipti, intitolato ad Alfredo Berra? “Dal 2018, decaduta la convenzione tra il Comune e l’Università RomaTre relativa allo Stadio Berra- spiega il presidente -, il Trastevere aveva chiesto più volte a Roma Capitale quell’impianto. Ma la sindaca Virginia Raggi ha deciso di riassegnarlo all’Ateneo, benché quest’ultimo, nell’ultimo decennio, lo abbia largamente sottoutilizzato. Successivamente, per merito dell’ex vice ministro Anna Ascani e del rettore Luca Pietromarchi, persona colta ed intelligente, lo stadio è stato promesso, con accordo scritto, al Trastevere secondo i dettami della convenzione, una volta realizzati i lavori. Però è impensabile che il Trastevere quest’anno, se promosso, possa giocare al Berra, e quindi dovrà emigrare fuori del territorio comunale o perfino fuori provincia (c’è l’ipotesi Rieti n.d.r). Ma se questa circostanza fosse accompagnata da un impegno finalizzato alla sistemazione del Berra per la stagione 2022-23, al fine di renderlo disponibile alle società della Capitale uscite dal dilettantismo, lo smacco alla città sarebbe, forse, sopportabile. Ma da parte dell’amministrazione comunale servirebbe una certa e dichiarata volontà di andare avanti con semplicità e chiarezza, lasciando da parte capziosità, fiscalità e bizantinismi burocratici”.
Intanto a Betturri è stata proposta anche un’altra soluzione. “Mi ha chiamato il presidente della commissione Sport, benessere e qualità della vita, Angelo Diario – rivela -, per invitarmi alla seduta di lunedì prossimo, 22 marzo, e per propormi l’impianto della Stella Polare a Ostia: potrebbe mandare a bando i lavori per metterlo a posto e il Trastevere farebbe la sua parte, ma anche qui ci vuole tempo . Insomma, la situazione rimane la stessa – lo sfogo di Betturri -: Londra possiede 20 stadi per il calcio professionistico di cui 7 per la Premier League, Roma solo uno e ciò fa capire l’inadeguatezza della nostra città nell’impiantistica sportiva e il motivo del mio peregrinare per tutto il territorio comunale alla ricerca di una soluzione. Il Flaminio? Il Tre Fontane? Casal del Marmo? L’Acquacetosa? La Stella Polare? Trigoria? Il Francesca Gianni? Le aree di Fiumicino? Tutte situazioni strutturalmente non idonee. In questo momento nessuno può fare nulla, nemmeno un grande uomo di sport e romano come il presidente del Coni Giovanni Malagò”. Ma non è che il Trastevere, non essendoci a Roma un impianto adeguato oltre all’Olimpico, stia pensando di rinunciare all’eventuale promozione in serie C? “Pur portando un nome che significa Roma nel mondo – risponde -, andremo a giocare ‘in casa’ a Napoli, L’Aquila, Macerata o non so dove, ma non rinunceremo al salto di categoria“.