Se il Covid ha fatto scivolare tante persone sotto la soglia della poverta’, facendo lievitare a vista d’occhio il numero dei clochard in strada, la rinascita di Roberto e’ cominciata proprio all’inizio della pandemia. Per lui, romano di 58 anni, senzatetto dal 2012, la svolta e’ arrivata a marzo 2020, quando ha lasciato dormitori e centri di accoglienza, e’ entrato in una casa vera e, dopo qualche mese, ha trovato un’occupazione piu’ stabile. La sua storia e’ una parabola che ha toccato il punto piu’ basso nel 2012 quando Roberto (nome di fantasia scelto da lui), disoccupato gia’ da quattro anni, ha dovuto lasciare la sua abitazione che non poteva piu’ permettersi ed e’ finito a dormire per tre notti consecutive a bordo dei bus notturni per ripararsi dal freddo. “Fino al 2008 lavoravo in una societa’ che sub-appaltava servizi per una nota compagnia telefonica – racconta all’Ansa – Eravamo solo 10 lavoratori e con la crisi siamo stati tutti espulsi. Avevo dei soldi da parte ma mi servivano anche per assistere mia madre. Poi, finiti quelli, dopo un po’ e’ venuta meno la possibilita’ di pagare l’affitto. E nel 2012 ho dovuto lasciare casa”.
Da quel momento e’ iniziato il lungo peregrinare in strutture di fortuna, centri di accoglienza e dormitori. “Proprio per strada non ho mai dovuto dormire – tiene a precisare -, ma per tre notti di fila, non sapendo dove andare, mi sono appoggiato sui bus notturni”. Era iniziata, insomma, la sua vita di senzatetto: residenza fittizia in via Modesta Valenti e il duro via vai nei dormitori della Capitale.
Ma anche in quegli anni difficilissimi Roberto non si e’ mai arreso: tra alti e bassi ha cercato sempre lavoro, trovandolo a periodi alterni. “Non avere una casa propria pesa, quando non ce l’hai piu’ perdi una certezza, un pezzo di vita”, confida adesso che un tetto sulla testa ce l’ha.
Ad offrirgli una vera abitazione circa un anno fa e’ stata la Comunita’ di Sant’Egidio che lo seguiva gia’ da tempo. Il progetto in cui Roberto e’ riuscito ad inserirsi si chiama “Housing First” ed e’ stato avviato nella Capitale con il sostegno di Cisco e in collaborazione con la “Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora”. L’approccio e’ quello di partire dall’offerta di una casa ai clochard per cercare di sciogliere man mano gli altri nodi, dalla mancanza di lavoro alle dipendenze fino ai problemi di salute. Nei cinque appartamenti finora reperiti a Roma sono state ospitate 14 persone: due hanno trovato lavoro e un’altra ha gia’ raggiunto la piena autonomia. Roberto e’ uno di loro: ora abita insieme ad un altro lavoratore ‘ex senzatetto’ in zona Primavalle ed ha cambiato vita.
“E’ stata una vera svolta. Ho un contratto di affitto a mio nome, una vita normale. Inizialmente pagavo poco perche’ solo quello potevo dare, poi ad agosto ho trovato un lavoro piu’ stabile come assistente ad un anziano, un’attivita’ in cui mi ero cimentato anche in passato, e cerco di contribuire al massimo. Con il mio coinquilino mi trovo bene”. Filippo Sbrana, coordinatore del progetto, snocciola i numeri dell’emergenza in citta’: “Stiamo vivendo un inverno terribile in cui sono morte 12 persone in strada. Questo progetto dimostra che e’ possibile costruire percorsi efficaci per aiutare le persone a ricostruire il proprio futuro. La casa e’ la vera risposta e tutti ci possono arrivare”. Non finisce qui. Roberto da un po’ ha ricominciato anche a progettare il suo futuro. “Il mio sogno e’ mettere da parte una cifra per andare via. Prima o poi vorrei raggiungere una mia amica a Trento. Ma adesso ancora no. Ora e’ importante stare qui, a Roma che tanto mi ha tolto, ma anche tanto mi ha dato”.