Nello scorso anno scolastico gli edifici senza certificato di agibilità erano 21.606 (il 53,8% del totale), senza certificato di prevenzione incendi 23.907 (59,5%) e senza entrambe le certificazioni 15.946 (39,7%).
È il Lazio la regione in testa alla classifica della non conformità con oltre il 70% degli istituti scolastici privi delle due certificazioni, seguita da Sardegna (65,1%), Abruzzo (63,4%) e Calabria (63,3%). Oltre un quinto degli edifici scolastici (23,1%) è stato costruito prima del 1960 (quota che supera il 40% in Campania), il 28,2% è nato per un uso diverso da quello scolastico (in Liguria si arriva al 49,8%).
E’ quanto emerge dal 52mo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. Secondo gli oltre 900 dirigenti scolastici interpellati dal Censis, sono gli episodi di bullismo (75,9%), cyberbullismo (67,3%) e furti ai danni di altri studenti o insegnanti (60,4%) a interferire più frequentemente con il normale vissuto scolastico. A questi si aggiungono gli atti di vandalismo verso la struttura e le dotazioni (54,4%), insubordinazione o violenza verso il corpo docente (42,4%), discriminazione verso donne, stranieri o disabili (34,3%). Lo spaccio e il consumo di droghe nelle vicinanze della scuola sono segnalati dal 31%, il consumo da parte degli studenti dal 23,9%.
Mentre sul fronte del riscaldamento, con l’arrivo dell’inverno, è un’analisi degli Open Data del Miur sull’edilizia scolastica, effettuata da skuola.net. a certificare che non sempre la ‘colpa’ del freddo in classe è dei caloriferi: specialmente quando le temperature si fanno più rigide, diventa determinante il ruolo di quegli accorgimenti – porte e finestre su tutti – in grado di isolare le aule. Inutile, infatti, pompare calore quando l’ambiente disperde. E questa, purtroppo, è la condizione in cui versano tantissimi istituti. Perché quasi la metà – il 42% – dei 40.151 edifici attivi ancora non è dotato di alcun sistema per la riduzione dei consumi energetici.
Solo un terzo delle scuole ‘efficienti’ ha porte e finestre isolanti. Questo non significa, però, che l’altro 58% abbia tutte le carte in regola. Ad esempio, poco più di 1 su 3 (38%) ha potuto montare vetri e serramenti isolanti; solo questi due elementi sarebbero già sufficienti per evitare sprechi garantendo, al tempo stesso, un buon riscaldamento degli ambienti. Ancora meno, circa 1 su 4 (23%) ha un tetto costruito o ricoperto con materiali isolanti.
Troppo pochi, infine, gli edifici che hanno rivestito le pareti (esterne o interne) con il cosiddetto ‘cappotto termico’, un sistema a pannelli che garantisce un buon isolamento (anche acustico): sono appena 1 su 10 (il 12%). Molti optano per la ‘zonizzazione’ del riscaldamento Così, la maggior parte delle scuole, è costretta a fare di necessità virtù, magari concentrando il riscaldamento nelle aule o nelle aree in cui serve più calore (la cosiddetta ‘zonizzazione’). Peccato che abbia seguito questa strada solo il 35% degli istituti.
Con le dovute proporzioni, se la cavano meglio con le pratiche più innovative, visto che il 27% ha installato pannelli solari, che imprigionano il calore naturale e lo rilasciano all’occorrenza. Qualcuna (pochissime, per la verità) hanno azzardato installando addirittura pannelli fotovoltaici. Più di 1 istituto su 10 usa ancora impianti a gasolio. Anche il tipo di combustibile usato per mettere in funzione i riscaldamenti, però, ha un peso importante sull’efficienza delle nostre scuole. Non tanto dal punto di vista energetico. Qui si parla soprattutto di inquinamento. E, per fortuna, molti istituti si sono dotati di fonti che hanno un impatto minore sull’ambiente: tra quelli che hanno risposto al questionario del Miur (l’85% del totale), il 61% ha un impianto centralizzato a metano; ancora meglio quel 2% che ha scelto il Gpl; il 3%, invece, usa il teleriscaldamento (ad acqua); mentre un altro 2% ha un impianto di condizionamento (utile anche in estate). Pollice verso per il 14% delle scuole, che ancora utilizza l’alimentazione a gasolio (il combustibile più inquinante tra quelli elencati). Sempre meglio di quell’1% che non ha un impianto funzionante e deve essere riscaldata con le classiche (ma pericolose) stufe elettriche.