Migranti: regolare i flussi secondo bisogni di lavoro

Per il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, la famiglia è il maggiore elemento di integrazione con oltre 170 mila domande

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“Se non vogliamo allargare di nuovo le aree «in nero» dei lavoratori (che la nostra società di fatto richiede e richiama), è ora di procedere a regolare i «flussi» di lavoratori stranieri con processi regolari, rilevando i bisogni di lavoro che si stanno delineando. Siamo in un tempo di crisi, ma paradossalmente domande di lavoro in alcuni settori ce ne sono sempre, anzi sono in crescita’’. Lo scrive sul Corriere della sera di martedì, il fondatore di Sant’Egidio e già ministro per la cooperazione internazionale, Andrea Riccardi, incoraggiando il governo senza temere di regalare voti ai sovranisti.

“Far emergere i lavoratori stranieri dall’irregolarità – sottolinea –  è sempre positivo: specie in questo periodo di rischio di contagio per chi è ai margini dei circuiti istituzionali. Un bene per loro e per le aree dove abitano’’.

Secondo Riccardi ciò che è stato fatto finora èstato anche un segnale alle mafie e al caporalato nelle campagne, che spadroneggiano su «uomini ombra» fuori dal sistema, bonificando «terre di nessuno» ai margini della legge.

“Ma è avvenuta pure – rileva – la legalizzazione di rapporti di fatto, cui molte famiglie aspiravano da anni per il personale domestico, senza possibilità dal 2012. La domanda è più larga di quanti hanno potuto accedere alla regolarizzazione. L’alto costo per il datore di lavoro (500 euro) ha creato problemi specie nel mondo agricolo. Sono stati disseminati tanti «paletti» nel provvedimento che rendono il percorso più difficile. Purtroppo sono stati lasciati fuori i lavoratori dell’edilizia, ristorazione, logistica e altri. Alcuni loro servizi sono stati fondamentali durante il lockdown”.

Il fondatore di Sant’Egidio ricorda che il provvedimento era nato per i lavoratori della terra, per l’agricoltura. Quindi molto restrittivo. ‘’Ma, subito dopo – aggiunge – è stata notata un’altra vasta area non coperta: quella del lavoro domestico. Un’area sensibile, durante il Covid-19, anche per la gravità della situazione degli anziani a casa e negli istituti’’.

Riccardi scrive che “gli italiani non hanno «gridato» contro l’invasione. Sono state le famiglie, gli anziani, i singoli datori di lavoro che, da soli, hanno avviato la regolarizzazione: hanno presentato quasi il 70% delle domande. Solo il 25% è passata per i patronati: ci dice qualcosa della scarsa mobilitazione delle organizzazioni o della ristrettezza delle reti sociali, specie in aree marginali’’.

Al 15 agosto, riferisce Riccardi, sono state presentate poco più di 30.000 domande per i lavoratori della terra e della pesca. In Campania e Sicilia si sono regolarizzati rispettivamente 6962 e 3584 lavoratori agricoli, mentre in regioni fortemente agricole come Emilia, Lombardia e Puglia ne sono emersi rispettivamente solo 2101, 1526 e 2871. Ma la sorpresa positiva sono state le 170.848 domande per i lavoratori domestici. ‘’Era una domanda – afferma- cui nessuno dava voce in politica. In totale 225.528 stranieri hanno fatto domanda di emergere dall’illegalità’’.

Chi sono? In testa –  conclude – le ucraine, per lo più badanti. Seguono i pakistani, i bangladesh, i georgiani e gli albanesi (si equivalgono con numeri che sfiorano i 20.000 per ciascuna nazionalità). Si segnalano nuovi gruppi come indiani (indiane) e peruviane: entrambi oltre i 13.000. Gli altri si dividono tra le più varie nazionalità. Quasi l’80% dei regolarizzatori sono datori di lavoro italiani; il resto 20% stranieri.

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