Non riuscire a fare il sindaco di Roma porta bene. Storie di sconfitte fortunate all’ombra del Cupolone

Piccola storia dei fallimenti capitolini che aprono porte ancor più ambiziose. Con l’anomalia della sindaca uscente

Città in vendita, andrai presto in rovina, se si troverà uno in grado di comperarti! Scriveva Tito Livio, riportando una frase di Giugurta, re di Numidia e leggendario condottiero berbero. Oggi, lontani da quel II secolo a.C., non sulla Città Eterna il dibattito non riguarda compere o conquiste la ricerca di persone con la voglia – e in grado – di governarla. Chi vuole governare Roma oggi? Questa domanda, di apparente semplicità, è una delle questioni a cui è più difficile rispondere nel 2020. A meno di un anno dalle elezioni, infatti, l’unica candidatura certa è quella di Virginia Raggi, una discesa in campo non scontata, voluta più dalla sindaca uscente che da movimento che (forse) la sostiene. Qualche giorno fa, il leader del PD Nicola Zingaretti ha cercato di scuotere la sua coalizione: che dobbiamo fare? È la sintesi, un po’ brutale, del pensiero zingarettiatno. Sul fronte destro, la Meloni pensa a Rampelli mentre Salvini tappezza Roma di manifesti un po’ grossolani e difficilmente comprensibili.

Ma perché nessuno vuole governare Roma o, quando va al potere, perché non riesce ad affermarsi come amministratore valido? In primis per le difficoltà oggettive di governare Roma, una città complessissima da amministrare da quasi tutti i punti di vista: mobilità, verde pubblico, raccolta di rifiuti, decentramento amministrativo e chi più ne ha più ne metta.

Una città enorme, con altrettanti immensi municipi con armi spuntate rispetto alla mole di problemi da risolvere. Così, dopo la stagione dei sindaci-star degli anni ’90 e 2000, sono arrivate figure finite nel dimenticatoio politico dopo la gestione della Capitale. È il caso di Gianni Alemanno, che dopo la sconfitta subita da Ignazio Marino è sparito dai radar della destra nazionale. Eppure l’ex missino era stato ministro della Repubblica, ma prima dell’esperienza romana. Dopo Roma, quasi il nulla. Ma è anche il caso di Ignazio Marino, tornato sdegnato alla sua professione di medico dopo la pugnalata subita da quel gruppo PD su cui si reggeva la sua consiliatura romana. Un arrivederci alla politica che sa più di addio, nonostante Marino fosse un politico di primo piano nel campo progressista. Sempre prima di fare il sindaco di Roma.

Con un po’ di malignità, si potrebbe dire che non riuscire a fare il sindaco di Roma porti fortuna. Perlomeno politicamente. È il caso di Antonio Tajani, forzista, ex monarchico, sconfitto nel 2001 da Walter Veltroni. Una sconfitta cui è seguita una carriera politica di tutto rispetto, culminata con la nomina a presidente del Parlamento Europeo e la vicepresidenza del partito di Silvio Berlusconi. Idem per David Sassoli, sconfitto da Marino alle primarie di centrosinistra per diventare sindaco di Roma e ora al posto di Tajani al vertice del Parlamento Europeo. Non male per un ex giornalista del TG1 sconfitto nel 2013 dal futuro sindaco di Roma. Primarie del 2013 a Roma – sempre nel centrosinistra – che hanno visto un altro sconfitto di tutto rispetto: Paolo Gentiloni, finito dietro proprio a Marino e a Sassoli e poi diventato Primo Ministro italiano e commissario europeo per l’economia.

Quindi, affidandoci quantomeno alla Cabala, fare il sindaco di Roma non conviene. Anzi, brucia qualunque ambizione politica. Un discorso che non vale per Virginia Raggi. Avvocata, politica poco esperta, la Raggi nei primi anni da sindaca ha dato la sensazione di essere un’amministratrice debole, eterodiretta, inadatta a un ruolo così importante. Negli ultimi anni la sindaca ha affinato il proprio profilo politico: in primis con un antisalvinismo che ha anticipato la guerra tra gli ex alleati (M5S e Lega)anche a livello nazionale. Poi con scelte divisive ma piuttosto coraggiose in termini di mobilità, con una rete nascente di ciclabili che avvicina Roma ad altri modelli europei di mobilità sostenibile. E soprattutto, è stata la prima a dire di voler governare Roma, a dispetto di un risultato molto incerto. Un azzardo necessario, visto che il suo programma, su vari fronti (rifiuti, trasporti) richiede tempo – potrebbe dire la sindaca – ed è solo con un’altra consiliatura che si potrebbero vedere i frutti del proprio lavoro. I detrattori della sindaca sono molti, anche tanti semplici cittadini che vedono una città trafficata e sporchissima e che cambierebbero molto volentieri la Raggi con un’altra figura. Ma questa figura ancora non c’è, e il fatto di essere la prima in pista dà alla Raggi una forza che potrebbe colmare le sue carenze. Anche dentro le urne.

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