Omicidio Mollicone, pm: uccisa perchè non parlasse, i Mottola spietati

"morta in caserma oltre ogni ragionevole dubbio ". La procura di Cassino nell'atto cui ha impugnato la sentenza assolutoria di primo grado dello scorso luglio

“Nessuno ha riferito i fatti come realmente accaduti; l’unica persona che avrebbe potuto raccontare l’accaduto sarebbe stata proprio la povera Serena Mollicone. Probabilmente e’ per questo che chi ha ucciso Serena Mollicone l’ha simbolicamente messa a tacere (le ha ‘chiuso la bocca’), sebbene non le abbia del tutto impedito di ‘parlare’ attraverso le tracce che il trascorrere inesorabile del tempo e le numerose ‘vicissitudini’ susseguitesi non hanno ciononostante cancellato”. E’ quanto sostiene la procura di Cassino nell’atto cui ha impugnato la sentenza assolutoria di primo grado dello scorso luglio per l’omicidio della 18enne di Arce. “Si puo’ ritenere – e’ la conclusione dei pm che chiedono la riforma totale della sentenza – che la condotta dei Mottola (tutti concorrenti sul piano materiale e morale) e’ stata, dunque, non solo assolutamente anti-doverosa ma anche caratterizzata da pervicacia e spietatezza, specie nel nascondere quanto realmente accaduto”.

La procura di Cassino ha costruito il ricorso in appello sulla credibilita’ delle dichiarazioni rilasciate dal brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi, morto suicida nell’aprile del 2008 dopo aver rivelato, a distanza di sette anni, di aver visto la studentessa entrare in caserma nelle ore precedenti la sua morte. Dichiarazioni suffragate, a parere dei pm, dai riscontri medico-legali e tecnico scientifici. Scrive il pubblico ministero Maria Beatrice Siravo: “Le dichiarazioni del brigadiere Tuzi, che collocano Serena Mollicone in caserma quella mattina (il 1 giugno del 2001 giorno della sua scomparsa, ndr), in quanto si ritiene che questo sia il cuore pulsante del processo, sono attendibili per i motivi che si enunceranno in seguito, in combinato disposto con le consulenze tecniche effettuate, tutti atti irripetibili che si sono dispiegate per circa un anno, sia quella medico-legale della professoressa Cristina Cattaneo, che quella ingegneristica dell’ingegner Remo Sala, che la merceologica dei Ris, che infine la consulenza biologica del capitano dei RIS Elena Pilli”. Sono tutti elementi “che dimostrano al di la’ di ogni ragionevole dubbio che il primo giugno del 2001 Serena e’ entrata nella caserma di Arce e li’ ha trovato la morte perche’ fatta sbattere contro la porta dell’alloggio a trattativa privata”.

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