Peste suina: abbattuti maiali di un piccolo allevamento nel Lazio

Coldiretti: "Si è avverato ciò che non avremmo mai voluto, con la peste dei cinghiali che è arrivata all’interno di un allevamento. È importante il coinvolgimento del ministero della Sanità per debellare la malattia in tempi brevi"

Sono stati abbattuti dal servizio veterinario della Asl tutti i maiali di un piccolo allevamento familiare, dove ieri erano stati rilevati due casi di positività. Intanto – si legge sul portale Salute Lazio – continua l’attività di monitoraggio da parte delle Asl.

Una situazione che rischia di danneggiare seriamente le aziende che allevano suini, per questo il presidente di Coldiretti Ettore Prandini torna a chiedere “risposte concrete con il contenimento del numero di cinghiali e risarcimenti immediati alle aziende costrette ad abbattere i loro animali”.

“Si è avverato ciò che non avremmo mai voluto, con la peste dei cinghiali che è arrivata all’interno di un allevamento”, dice Prandini. “È importante il coinvolgimento del ministero della Sanità per debellare la malattia in tempi brevi e togliere i vincoli alla capacità produttiva e alle esportazioni su tutto il territorio nazionale, dove migliaia di maiali sani sono già stati abbattuti nonostante siano stati registrati due soli casi di positività”.

Sono quasi cinquantamila i maiali allevati nel Lazio a rischio per la peste suina africana (Psa) – ricorda Coldiretti – che è spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani e nessun problema riguarda la carne.

A scatenare la diffusione della malattia è il proliferare indiscriminato dei cinghiali e per questo – continua la Coldiretti – è necessario intervenire con la modifica immediata dell’art. 19 della legge 157/1992 semplificando le procedure per l’adozione dei piani di abbattimento approvati dalle regioni e il rafforzamento delle competenze dell’ufficio commissariale previsto dal Decreto Legge 17 febbraio 2022, n. 9. Il rischio – conclude Coldiretti – è che l’emergenza si allarghi e che siano dichiarate infette le aree ad elevata vocazione produttiva con il conseguente pregiudizio economico che potrebbe discendere per la filiera agroalimentare e l’occupazione in un settore strategico del made in ltaly.

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