Sono state confermate dalla Cassazione le condanne ai due imputati del clan Di Silvio, Alfredo ed Enrico, tra loro nipote e nonno, accusati dell’aggressione connotata dall’aggravante mafiosa avvenuta al Roxy bar in zona Romanina, a Roma, il giorno di Pasqua del 2018. Oltre al gestore del bar, malmenato e preso di mira con insulti razzisti, insieme alla moglie, in quanto di nazionalita’ rumena, fu presa a cinghiate anche una cliente disabile, la signora Simona R., che protestava contro il raid punitivo deciso per rappresaglia perche’ i Di Silvio con il cugino Antonio Casamonica – giudicato con rito ordinario arrivato in grado di appello – non erano stati serviti subito. Il verdetto e’ stato emesso ieri dagli ‘ermellini’ della Seconda sezione penale che hanno respinto il ricorso di Alfredo ed Enrico Di Silvio condannati rispettivamente a 4 anni e 10 mesi di reclusione il primo, e 3 anni e 2 mesi di reclusione il secondo con sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Roma nel maggio del 2019.
Con i due Di Silvio, in appello, e’ stato condannato a 4 anni e 8 mesi anche Vincenzo Di Silvio, fratello di Alfredo, che non ha fatto ricorso alla Suprema Corte e pertanto per lui e’ diventato definitivo il verdetto d’appello. Per tutti e’ stata sempre riconosciuta l’aggravante mafiosa. Anche per Antonio Casamonica condannato a 6 anni dalla Corte di Appello di Roma il 26 novembre 2011, pena ridotta di un anno rispetto al primo grado.
L’udienza per lui si terra’ davanti alla Quinta sezione della Cassazione il prossimo dieci settembre. La vicenda sollevo’ molto allarme e indignazione nella capitale, in molti – anche politici – andarono a prendere un caffe’ ‘solidale’ al bar distrutto della Romanina. I quattro indagati erano stati ripresi in azione dalle telecamere di sorveglianza del bar, colpirono reiteratamente la donna disabile per punirla di aver reagito. Dopo alcuni minuti, Alfredo e Vincenzo Di Silvio picchiarono Marian Roman, il gestore del ‘Roxy’, danneggiando il locale e gli arredi. Nei giorni successivi, Alfredo Di Silvio e la madre Ivana Casamonica avevano tentato di parlare con Roman mentre era ricoverato in ospedale per le lesioni subite, mentre Enrico Di Silvio era tornato al bar offrendosi di risarcire i danni e al rifiuto dei gestori disse “allora volete la guerra”.
Il sette aprile, ancora intimidazioni, da parte di Vincenzo e Alfredo Di Silvio a bordo delle loro macchine in sosta davanti al ‘Roxy’ bar. Il 28 aprile, infine, Roxana Roman – moglie di Marian – aveva denunciato ulteriori minacce ricevute da Vincenzo e Alfredo Di Silvio accompagnati anche dal padre Anacleto.
“Con riferimento alle notizie di stampa pubblicate sul quotidiano La Repubblica versione on line in data odierna, inerenti a presunti disservizi che potrebbero determinare l’imminente scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare dell’imputato Di Silvio Vincenzo (vicenda ‘raid al Roxy Bar della Romanina’), si precisa che nell’interesse del predetto imputato, nell’ambito del procedimento in oggetto, non risulta presentato alcun ricorso per Cassazione; pertanto, la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dalla Corte di appello di Roma in data 8 maggio 2019 è divenuta irrevocabile a partire dal 21 settembre 2019 ed è attualmente in esecuzione. Correttamente, quindi, sull’avviso notificato alle parti risultavano indicati soltanto i ricorsi di Di Silvio Alfredo e Di Silvio Enrico”. Lo spiega in una nota l’ufficio stampa della Corte di Cassazione. “Di conseguenza – conclude la Corte – in Cassazione non si è verificato alcun ‘pasticcio’ e le circostanze riferite nell’articolo risultano prive di fondamento”.