Si è concluso alle 6 di questa mattina il terzo giorno di negoziati fra i 27 capi di Stato e di governo sul fondo per la ripresa a Bruxelles ma senza alcun accordo. Come riferito dal portavoce del presidente del Consiglio europeo, Barend Leyts, i negoziati riprenderanno oggi intorno alle 16. Come emerso ieri, il vertice è diventato un terreno di scontro fra Italia e Paesi Bassi, con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che non intende accettare una riduzione troppo marcata della quota complessiva da 750 miliardi di euro del piano per la ripresa. Dall’altra parte, il premier olandese Mark Rutte che guida gli oramai cinque – con l’aggiunta della Finlandia – paesi frugali che invece insiste per un fondo ridotto a 700 miliardi di euro, composto da un’equa distribuzione di sussidi e prestiti. Come ha scritto su Twitter il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, oggi proseguirà quindi “la maratona negoziale per un accordo all’altezza della sfida”, anche se non mancano le incertezze sull’esito del negoziato. Questa mattina anche il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, esponente dei “frugali”, ha scritto un tweet che si può “essere molto soddisfatti del risultato di oggi”.
Al termine del terzo giorno di negoziati, Conte ha affermato che sono giorni che si continua a trattare al ribasso, “intervenendo a ridurre l’ammontare, a compromettere l’efficacia, a frapporre vari ostacoli operativi” inizia a venire il sospetto che “non si voglia rendere effettivo uno strumento che è nell’interesse di tutti che funzioni”. Il negoziato, secondo il presidente del Consiglio, è volto ad “ad abbassare il livello di efficacia della reazione europea non ha senso”. “I grants (le sovvenzioni) sono necessari a una pronta ripresa per rafforzare la resilienza dei paesi che hanno più difficoltà nella crescita economica”, ha affermato Conte, secondo cui “il recovery Plan non può diventare uno strumento per condurre battaglie ideologiche”. Secondo il premier, “chi oggi si contrappone alla chiusura di questo negoziato e pensa di acquisire nell’immediato maggiore consenso sul piano interno deve però pensare che non solo la storia gli chiederà il conto ma che i suoi stessi cittadini, superata la reazione emotiva, si renderà che quella di stasera è stata una valutazione miope che ha portato a una decisione che ha contribuito ad affossare il mercato unico e la libertà di sognare delle nuove generazioni”.