Rifiuti: associazioni e sindaci, chiudere discarica Albano e avviare bonifica

La richiesta all'audizione che si è svolta oggi nella commissione Rifiuti del Consiglio regionale del Lazio

Il sindaco di Albano Laziale, Massimiliano Borelli, insieme ai residenti in protesta all'ingresso dei primi camion provenienti da Roma nella discarica (2 agosto 2021)

Dal coordinamento “No inc” fino a Italia Nostra e Alternativa sostenibile, ma anche ai sindaci del territorio, la richiesta è unanime: chiudere subito la discarica di Albano, riaperta con un’ordinanza dell’Area metropolitana per accogliere i rifiuti di Roma, e avviare immediatamente la bonifica del sito.

Questo, in sintesi, il contenuto dell’audizione che si è svolta oggi nella commissione Rifiuti del Consiglio regionale del Lazio.

“Il piano regionale rifiuti prescrive autosufficienza di Roma e dei Comuni del Lazio e favorisce la creazione di impianti piccoli, diffusi sul territorio e a proprietà pubblica. Non è questa la direzione verso cui si va nel caso di Albano, dove è stata riaperta la discarica in seguito alle ordinanze estive della sindaca Raggi”. Lo dichiara in una nota Marco Cacciatore (Europa Verde), presidente della commissione Rifiuti della Regione Lazio.

“Della preoccupante situazione della discarica di Albano – senza dimenticare il progetto di un impianto biogas completamente sovradimensionato rispetto esigenze delle comunità locali – si è occupata oggi la commissione da me presieduta, nel corso della quale sono state ascoltate le voci di numerosi comitati di cittadini attivi sul territorio – aggiunge Cacciatore -. Anche se la Regione Lazio ha agito per ridurre la portata dei conferimenti di rifiuti, l’intervento è stato troppo limitato e sostanzialmente inefficace. Lo stato dei fatti – si vedano i dati ambientali preoccupanti certificati da Arpa – nonché il quadro normativo impongono alla Regione Lazio iniziative più decise che portino alla chiusura della discarica di Roncigliano. Albano non è un sito adatto per la discarica, né vi sono soluzioni possibili se Roma continua a produrre rifiuti con un indifferenziato così alto ed impianti troppo grandi”, conclude Cacciatore.

Le associazioni contestano innanzitutto gli atti autorizzativi per la gestione dell’impianto, che, a loro dire, presentano numerose irregolarità, ma denunciano anche il grave inquinamento della zona, con la chiusura di pozzi privati per inquinamento da idrocarburi. Secondo uno studio epidemiologico indipendente, gli effetti della discarica arrivano in un raggio di tre chilometri, con un aumento esponenziale del rischio di tumori. Chiesti anche maggiori controlli sulla qualità dei rifiuti che escono dagli impianti di trattamento meccanico biologico che non rispondono, secondo le associazioni, ai requisiti di legge. Italia Nostra, in particolare, ha chiesto l’applicazione della legge regionale sulle aree a rischio di crisi ambientale bloccando la realizzazione di nuovi impianti e nuove edificazioni. Le direzioni regionali interessate (Ambiente e rifuti) hanno fatto il quadro della situazione, illustrando gli interventi in corso.

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