Rigopiano: sindaco Lacchetta condannato, assolti ex prefetto ed ex presidente della provincia

Protesta in aula dei parenti delle vittime che contestano la decisione del giudice che ha assolto 27 imputati su 30.

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Due anni e otto mesi al sindaco di Farindola (Pescara) Ilario Lacchetta. Questa la sentenza di condanna appena pronunciata dal gup del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea per la tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola, travolto e distrutto, il 18 gennaio 2017, da una valanga, evento in cui morirono 29 persone fra ospiti e dipendenti. L’accusa aveva chiesto per Lacchetta, sindaco attuale e all’epoca del disastro, 11 anni e 4 mesi.

Assolti, invece, l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo e, l’ex presidente della Provincia, Antonio Di Marco.

In aula presenti i parenti delle vittime e i superstiti. I primi hanno posizionato le magliette con le foto dei propri cari sulle prime file delle sedie. Caos in aula dopo la lettura della sentenza. Molti parenti hanno urlato “Vergogna vergogna. Ingiustizia è fatta. Assassini. Venduti. Fate schifo” contestando la decisione del giudice che ha assolto 27 imputati su 30.

Lacrime e urla in aula, tanto da richiedere l’intervento di poliziotti e carabinieri, costretti a bloccare la tentata aggressione al giudice, blindato in aula.

Questi qui hanno una discarica al posto del cuore! Speriamo nell’appello, ma se questo è l’andazzo non spero più niente, devo solo salvagardare la mia vita per portare avanti il nome di mia figlia”. Così, pochi istanti dopo la lettura della sentenza, il padre di Jessica Tinari, morta nel resort di Farindola a 24 anni insieme al fidanzato Marco Tanda. “Noi pretendiamo rispetto dalle istituzioni, paghiamo con le nostre tasse i loro lauti stipendi e questi delinquenti ci trattano in questo modo. Meglio che stia zitto, sennò non so cosa posso dire” conclude allontanandosi tra le lacrime. Urla in aula Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele D’Angelo, cameriere dell’hotel, morto nel crollo. “Sei anni buttati qua dentro! Per fare che? Tutti assolti, il fatto non sussiste! Quattro minuti di chiamata! Chi ha chiamato mio fratello? Chi ha chiamato?” urla disperato ricordando le telefonate di Gabriele dirette verso la Prefettura la mattina del 18 gennaio 2017. D’Angelo, alle 11.38, circa cinque ore prima della valanga, chiamò il Centro coordinamento soccorsi della prefettura per chiedere di liberare la strada e consentire agli ospiti dell’hotel di lasciare la struttura.

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